domenica 7 giugno 2015

Scia:termini perentori per il controllo (60 giorni)


N. 00739/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00383/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 383 del 2014, proposto da:
Tre Amici D'Oro di Bontempi Gian Pietro & C. snc, rappresentata e difesa dagli avv.ti Danilo Biancospino e Rossella Repetti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Brescia, Via Gramsci n. 30;
contro
Comune di Darfo Boario Terme, non costituitosi in giudizio;
per l'annullamento
DEL PROVVEDIMENTO DEL SEGRETARIO GENERALE (RESPONSABILE DELL’UFFICIO COMMERCIO E SUAP) IN DATA 31/3/2014, CHE HA DISPOSTO L’ARCHIVIAZIONE DELLA SCIA PER LA SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE PRESENTATA IL 31/10/2012 E HA INTIMATO LA CESSAZIONE IMMEDIATA DELL’ATTIVITA’ ESERCITATA.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2015 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Riferisce la Società ricorrente di aver preso in affitto, in virtù di contratto sottoscritto il 19/9/2012, l’azienda per l’esercizio dell’attività di ristorante, bar e pizzeria di Via Aria Libera 92, distinta dall’insegna “Felix” collocata dalla proprietaria. L’affitto comprende anche l’autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, rilasciata dal Comune il 21/2/2011.
Con SCIA del 26/10/2012, il legale rappresentante della Società esponente comunicava il sub-ingresso nell’attività esistente: detta segnalazione perveniva al Comune in data 31/10/2012, e la ricevuta di accettazione consegnata al dichiarante racchiudeva l’espressione “La presente costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale e comunicazione di avvio del procedimento”, oltre ad alcune sintetiche informazioni. Il 31/10/2012 prendeva avvio l’attività di ristorante e bar, con 140 posti a sedere e un fatturato di € 300.000 annui (circa € 7000/8000 di ricavi a settimana).
A seguito di sopralluogo compiuto il 23/12/2013, i Carabinieri accertavano irregolarità nella gestione della struttura (denominata “Capo Horn”), svolta nei piani superiori e gestita da altra ditta individuale. Dall’ispezione emergeva “che la divisione dell’attività alberghiera comportava la nascita di due attività di cui una commerciale e l’altra di affittacamere, andando così a snaturare la vincolante attività alberghiera legata a quella struttura”. Il verbale concludeva ravvisando la necessità che l’Ufficio commercio del Comune “provvedesse alle incombenze di competenza, ovvero alle revoche delle due licenze”.
Con nota del 2/1/2014, il Comune comunicava l’avvio del procedimento per l’archiviazione della SCIA, al quale faceva seguito il provvedimento impugnato che qualifica l’esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande come attività commerciale, esercitata in contrasto con l’art. 47 comma 7 delle NTA del P.R.G. vigente, il quale prevede per l’immobile una vincolante attività alberghiera. Il provvedimento ordina altresì la cessazione immediata dell’attività.
Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, la ricorrente censura il provvedimento in epigrafe, deducendo i seguenti motivi in diritto:
a) Violazione dell’art. 19 della L. 241/90 e del principio di affidamento, eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta, in quanto il potere di intervento sulla SCIA può essere esercitato entro il termine di 60 giorni dalla sua presentazione, salva la possibilità di agire ex post a tutela di preminenti interessi pubblici (pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale), che non sono stati rilevati nella fattispecie;
b) Violazione dell’art. 41 della Costituzione per lesione dell’affidamento qualificato sulla legittimità dell’esercizio di un’attività economica tutelata dalla Costituzione, regolarmente avviata da un anno e mezzo con investimento di energie e risorse: il ristorante dispone di 140 posti a sedere ed è frequentato anche per cerimonie, e l’attività esercitata è frutto di un sub-ingresso, che ha contribuito ad alimentare l’affidamento nella pacifica regolarità di quanto intrapreso;
c) Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione, in difetto di approfondimenti sulla legittimità dell’autorizzazione preesistente, sottostante e antecedente al trasferimento oggetto di archiviazione;
d) Violazione dell’art. 4 delle NTA del documento di Piano del PGT, dell’art. 47 comma 7 delle NTA del Piano delle regole e, in subordine, illegittimità delle predette disposizioni per inosservanza della direttiva Bolkenstein 2006/123/CE (recepita dell’art. 1 lett. b del D.L. 1/2012 conv. in L. 27/2012), la quale afferma che la libertà di iniziativa economica può essere sacrificata soltanto per motivi imperativi di interesse generale.
L’amministrazione comunale non si è costituita in giudizio.
Con ordinanza 15/5/2014 n. 273, questo Tribunale ha motivatamente accolto la domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 13/5/2015 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il thema decidendum del presente gravame verte sulla legittimità del provvedimento comunale che ha disposto l’archiviazione della SCIA per la somministrazione di alimenti e bevande presentata il 31/10/2012, e ha intimato la cessazione immediata dell’attività economica esercitata.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. Parte ricorrente ha anzitutto dedotto la violazione dell’art. 19 della L. 241/90 e del principio di affidamento, l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta, in quanto il potere di intervento sulla SCIA può essere esercitato entro il termine di 60 giorni dalla sua presentazione, salva la possibilità di agire ex post a tutela di preminenti interessi pubblici (pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale), che non sono stati rilevati nella fattispecie: il Comune era da oltre un anno privo del potere ordinario di inibizione degli effetti della SCIA, tenuto conto che il provvedimento dispone una semplice archiviazione, senza menzionare né motivare l’autotutela con riferimento ai requisiti contemplati all’art. 21-quinques della L. 241/90.
Il motivo è meritevole di accoglimento, avendo l'amministrazione pacificamente adottato l'atto di controllo inibitorio oltre il termine di legge.
2.1 In termini generali, la SCIA (come la precedente DIA) non modifica la disciplina sostanziale dell’attività interessata, bensì il titolo di legittimazione, sostituendo il tradizionale provvedimento di autorizzazione da emettersi a seguito della domanda del privato, con un procedimento di verifica ad iniziativa pubblica necessaria: si inverte pertanto il meccanismo, dovendo l’autorità amministrativa esercitare un controllo ex post sulla denuncia “abilitante” presentata dal soggetto interessato.
Secondo l’art. 19 comma 3 della L. 214/90, nel termine di sessanta giorni (o di trenta giorni in materia edilizia, ex art. 19 comma 6-bis della stessa L. 241/90) dal ricevimento della segnalazione, l'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 2, “adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni”, restando salvo il potere dell'amministrazione competente "di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies", mentre, "in caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci, l'amministrazione...può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo".
Il comma 4 prevede che, decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3 (ovvero di cui al comma 6-bis in ambito edilizio), all'amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente.
2.2 Sulla base del delineato quadro normativo, la giurisprudenza ha elaborato alcuni principi:
• è illegittimo l'operato dell'amministrazione comunale che, in presenza di una denuncia d'inizio attività (assimilabile sotto questo aspetto alla SCIA), adotta provvedimenti inibitori o sanzionatori dopo che sia decorso il termine previsto per il consolidamento del titolo, senza rispettare i limiti e le condizioni in base ai quali è possibile esercitare i poteri di autotutela ai sensi degli artt. 21-quinques e 21-nonies della L. 241/90 (Consiglio di Stato, sez. IV – 20/2/2014 n. 788 in materia edilizia, con riflessioni che ben possono essere estese alla DIA – e alla SCIA – in materia commerciale;
• il termine (di 60 giorni) per l'esercizio del potere inibitorio doveroso è perentorio mentre, decorso tale spazio temporale, l’autorità conserva soltanto un potere residuale di autotutela (Consiglio di Stato, sez. VI – 14/11/2012 n. 5751; T.A.R. Veneto, sez. II – 26/1/2015 n. 59);
• quest’ultimo deve essere esercitato dall'amministrazione competente entro un termine ragionevole, e va supportato dall'esternazione di un interesse pubblico, attuale e concreto, alla rimozione del titolo tanto più quando il privato, in ragione del tempo trascorso, ha riposto, con la realizzazione del progetto, un logico affidamento sulla regolarità dell'autorizzazione (sentenza T.A.R. Campania Salerno, sez. I – 7/4/2015 n. 732, resa in ambito edilizio);
• anche in materia di commercio, ogni atto di ordinario esercizio di pubblici poteri resta subordinato al rispetto delle regole generali che informano i rapporti tra amministrazioni e amministrati: così, è necessario comunicare l’avvio del procedimento, consentire all’interessato e a eventuali cointeressati e controinteressati di parteciparvi, dimostrare la sussistenza dei presupposti che ai sensi degli articoli 19 e 21-quinquies e 21-nonies della L. 241/90 ne consentono l’esercizio, ivi compreso il rispetto del tempo ragionevole per porre in essere il provvedimento di secondo grado, la comparazione dell'interesse pubblico con l'aspettativa del privato, la motivazione in ordine alle ragioni di fatto che ne giustificano l’adozione (T.A.R. Friuli Venezia Giulia – 25/9/2014 n. 463).
• la valutazione comparativa, di natura discrezionale, degli interessi in rilievo, giustifica la frustrazione dell'affidamento incolpevole maturato in capo al denunciante a seguito del decorso del tempo e della conseguente consumazione del potere inibitorio (Consiglio di Stato, adunanza plenaria – 29/7/2011 n. 15).
2.3 Nella fattispecie, i 60 giorni erano abbondantemente decorsi quando l’amministrazione è intervenuta, e non affiora alcun elemento o circostanza a supporto dell’esercizio della potestà di autotutela. Non è stata neppure adombrata l’unica ipotesi derogatoria della perentorietà del predetto termine contemplata dal legislatore, ossia l’esistenza di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà "false o mendaci", che abilita l'amministrazione ad assumere i provvedimenti repressivi "sempre e in ogni tempo" (cfr. T.A.R. Abruzzo L’Aquila – 19/3/2015 n. 163).
3. Per le ragioni espresse sono fondati anche il secondo e il terzo motivo di ricorso. Sussiste la violazione dell’art. 41 della Costituzione per lesione dell’affidamento qualificato sulla legittimità dell’esercizio di un’attività economica tutelata dalla Costituzione, regolarmente avviata da un anno e mezzo con investimento di energie e risorse: in particolare la ricorrente ha messo in luce che:
- il ristorante dispone di 140 posti a sedere ed è frequentato anche per cerimonie;
- l’attività esercitata è frutto di un sub-ingresso, che ha contribuito ad alimentare l’affidamento nella sua pacifica regolarità;
- era già stata emessa un’autorizzazione, sottostante e precedente al trasferimento oggetto di archiviazione.
Il sacrificio della posizione del privato è avvenuto a prescindere da una disamina, anche sommaria, di tutti i profili appena enunciati.
4. Da ultimo parte ricorrente ha sollevato una questione interpretativa, deducendo la violazione dell’art. 4 delle NTA del documento di Piano del PGT, dell’art. 47 comma 7 delle NTA del Piano delle regole e, in subordine, l’illegittimità delle predette disposizioni per inosservanza della direttiva Bolkenstein 2006/123/CE (recepita dell’art. 1 lett. b del D.L. 1/2012 conv. in L. 27/2012), la quale afferma che la libertà di iniziativa economica può essere sacrificata soltanto per motivi imperativi di interesse generale. Sostiene “Tre Amici d’oro” che:
I) l’art. 4 lett. D) delle NTA del documento di Piano ricomprende fra le attività commerciali le attività per ristorazione e pubblici esercizi;
II) l’art. 47 delle NTA del Piano delle regole – per gli edifici alberghieri collocati entro le zone residenziali di completamento – nulla dice in merito al caso che ci occupa, ma vieta alcune destinazioni d’uso non rilevanti nel caso di specie (punto 7.3, che contempla residenza, attività produttive, grandi strutture di vendita, terziario/uffici, attività agricole) e inibisce interventi edilizi finalizzati al cambio di destinazione d’uso;
III) nella specie, non vi sono opere dirette a realizzare un cambio di destinazione d’uso dell’immobile, già utilizzato fin dal 2011 come albergo ai piani superiori e per l’attività di ristorazione e bar al piano terreno.
4.1 Anche detta prospettazione è condivisibile, in quanto la ricorrente ha fornito la prova di una destinazione “separata” degli ambienti collocati al piano terreno e al primo piano, evidentemente legittimata (per entrambi) da titoli autorizzatori pregressi. Non vi sono quindi elementi a riscontro di un cambio di destinazione d’uso, ma il consolidamento di una situazione già definita. Anche su questi profili il Comune non ha preso posizione.
5. In conclusione il gravame merita accoglimento, e si può prescindere dall’esame della censura proposta in via subordinata.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune di Darfo Boario Terme a corrispondere alla ricorrente la somma di 3.000 € a titolo di compenso per la difesa tecnica, oltre a oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
Mara Bertagnolli, Consigliere




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)