domenica 4 agosto 2013

Buoni pasto dei dipendenti della P.A.: le Regioni non possono modificare il tetto massimo di € 7 fissato dallo Stato

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Sardegna dell'art 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012. Tale norma dispone che «a decorrere dal 1° ottobre 2012 il valore dei buoni pasto attribuiti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonche' le autorita' indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societa' e la borsa (Consob) non puo' superare il valore nominale di 7,00 euro»; e «Eventuali disposizioni normative e contrattuali piu' favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dal 1° ottobre 2012. I contratti stipulati dalle amministrazioni di cui al primo periodo per l'approvvigionamento dei buoni pasto attribuiti al personale sono adeguati alla presente disposizione, anche eventualmente prorogandone la durata e fermo restando l'importo contrattuale complessivo previsto. A decorrere dalla medesima data e' fatto obbligo alle universita' statali di riconoscere il buono pasto esclusivamente al personale contrattualizzato. I risparmi derivanti dall'applicazione del presente articolo costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa». Secondo la ricorrente, tra l'altro, l'articolo in esame, nella misura in cui si applica anche al personale della Regione e degli enti pubblici tutti che operano nel territorio sardo, viola la competenza legislativa regionale in materia di «stato giuridico ed economico del personale», conferita alla Regione a statuto speciale dall'art. 3, primo comma, lettera a) dello statuto, poiche' l'utilizzo del sistema dei buoni pasto come forma di rimborso spese per i dipendenti atterrebbe al complessivo trattamento retributivo del personale. Ad avviso della Consulta la norma statale censurata, disciplina la materia dei buoni pasto stabilendo un tetto massimo al loro ammontare e tale istituto rappresenta «una sorta di rimborso forfettario delle spese che il lavoratore, tenuto a prolungare la propria permanenza in servizio oltre una certa ora, deve affrontare per consumare il pranzo». Si tratta, quindi, di «una componente del trattamento economico spettante ai dipendenti pubblici, che rientra nella regolamentazione del contratto di diritto privato che lega tali dipendenti "privatizzati" all'ente di appartenenza». La norma censurata, che fissa un limite all'importo che le pubbliche amministrazioni, ivi comprese le Regioni a statuto speciale, possono attribuire ai predetti buoni pasto, disciplina, dunque, una componente del trattamento retributivo previsto dal contratto di lavoro, in regime di contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, ed e', pertanto, riconducibile - come questa Corte ha gia' avuto modo di affermare in relazione a una norma regionale (sentenza n. 77 del 2011) - alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile. La predeterminazione legislativa dell'ammontare massimo erogabile in sede di disciplina di tale istituto contrattuale, infatti, pur connotata dalla finalita' pubblicistica di realizzare risparmi di spesa e pur determinando, di fatto, alcune interferenze sull'organizzazione degli enti pubblici e sullo status giuridico del loro personale, incide immediatamente e in modo prevalente sugli aspetti privatistici del contratto di lavoro privatizzato stipulato con le pubbliche amministrazioni.

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti nota a sentenza della Corte Costituzionale