giovedì 18 ottobre 2012

Sulla gestione associata di funzioni fondamentali, ai sensi della L. n. 135/2012, interviene la Corte dei Conti Lombardia


Lombardia/426/2012/PAR

REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
IN
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA
LOMBARDIA

composta dai Magistrati:
dott. Nicola Mastropasqua                   Presidente
dott. Giuseppe Zola                            Consigliere
dott. Gianluca Braghò                         Primo Referendario
dott. Alessandro Napoli                       Referendario (relatore)
dott.ssa Laura De Rentiis                     Referendario
dott. Donato Centrone                        Referendario
dott. Francesco Sucameli                    Referendario
dott. Cristiano Baldi                            Referendario
dott. Andrea Luberti                           Referendario

nella camera di consiglio del 3 ottobre 2012

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;
Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;
Vista la nota pervenuta al protocollo della Sezione in data 14.09.2012 prot. c.d.c. n. 7468 con la quale il Sindaco del Comune di Valle Lomellina (PV) ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica;
Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Valle Lomellina (PV);
Udito il relatore, Alessandro Napoli;

OGGETTO DEL PARERE
Il Sindaco del Comune di Valle Lomellina (PV) ha posto alla Sezione una articolata richiesta di parere in ordine allo svolgimento in forma associata di funzioni fondamentali ai sensi della l. n. 135/2012.
Più nel dettaglio, l’organo rappresentativo dell’ente precisa quanto segue.
Il Comune di Valle Lomellina, la cui popolazione è pari a 2.250 abitanti, alla luce della vigente normativa ha l’obbligo di associarsi per lo svolgimento delle nove funzioni fondamentali come previste, da ultimo, dal comma 1 dell’articolo 19 del d.l. n. 95/2012 convertito in legge n. 135/2012, o comunque di rivedere, alla luce delle novità introdotte dalla suddetta legge n. 135/2012, le forme associative già costituite con altri comuni nelle forme dell’unione o della convenzione.
Ciò premesso, il Sindaco pone i seguenti quattro quesiti.
A) In assenza di limite minimo dimensionale nazionale per le convenzioni (che non appare rinvenirsi nella legge n. 135/2012), trova comunque applicazione la legge regionale lombarda n. 22/2011 (che fissa in 5.000 abitanti o nel quadruplo degli abitanti del comune demograficamente più piccolo tra quelli associati il limite dimensionale minimo per le convenzioni) anche se precedente alla legge statale n. 135/2012?
B) In caso di gestione delle varie funzioni mediante convenzione o unione, a ciascuna funzione fondamentale può essere preposto un solo responsabile di servizio (titolare di posizione organizzativa), anche se la funzione comprende servizi diversi ed eterogenei? In tal caso tale soluzione implica ripercussioni sulle correlative posizioni organizzative nei comuni aderenti alle due modalità di gestione associata?
C) Il comma 5 dell’art. 32 del d.lgs. n. 267/2000 – come modificato dall’articolo 19 del d.l. n. 95/2012 convertito in legge n. 135/2012 – statuisce che “all’unione sono conferite dai comuni partecipanti le risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni loro attribuite”. Orbene, tale disposizione deve interpretarsi nel senso che, ove i comuni costituiscano o siano già in unione, la gestione delle (nove) funzioni fondamentali deve avvenire mediante comando o trasferimento (o altra forma di utilizzo) del personale dal comune all’unione, con transito della gestione del personale preposto alla funzione associata a valere sul bilancio dell’unione?
D) Quali sono le interrelazioni, in caso di gestione associata a mezzo di Unione ex art. 32 del d.lgs. n. 267/2000 o convenzione ex art 30 del d.lgs. n. 267/2000  con gli obblighi che – dal 2013 – graveranno sui comuni sopra i 1.000 abitanti, assoggettati al patto di stabilità, con specifico riferimento alle spese di personale?

PREMESSA
Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Valle Lomellina (PV) rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7 comma ottavo, della legge 5 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.
In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.
I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte: parere sez. Lombardia, 11 febbraio 2009, n. 36).
Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall’ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione. L’esame e l’analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l’interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell’ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest’ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA
Riguardo all’individuazione dell’organo legittimato ad inoltrare le richieste di parere dell’ente comunale, si osserva che il Sindaco è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere, in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.
Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall’organo legittimato a proporla.

AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione, contenuta nel comma 8, dell’art. 7 della legge 131/03, deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.
Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriore rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite, in particolare, con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.
Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che, anzi, le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.
Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).
Il limite della funzione consultiva, come sopra delineato, esclude qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nell’esclusiva competenza dell’autorità che la svolge; nonché esclude che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di altri organi giurisdizionali.
Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.
Con specifico riferimento ai quattro quesiti posti dall’Ente, essi si configurano ammissibili anche sul piano oggettivo, attesa l’immediata incidenza sugli equilibri di bilancio dell’ente locale istante.

MERITO
In via preliminare, il Collegio rammenta che la funzione consultiva è diretta a fornire un ausilio all’Ente richiedente per le determinazioni che lo stesso è tenuto ad assumere nell’esercizio delle proprie funzioni, restando – dunque – ferma la discrezionalità dell’Amministrazione in sede di esercizio delle prerogative gestorie.
     Con il primo quesito il Sindaco si interroga se, in assenza di un limite minimo dimensionale nazionale per le convenzioni (che non appare rinvenirsi nella legge 135/2012), trovi comunque applicazione ad un Comune ricompreso tra i 1.000 e i 5.000 abitanti la legge regionale lombarda n. 22/2011 (che – all’art. 8 comma 1 e salve le deroghe di cui al successivo art. 10 – fissa in 5.000 abitanti o nel quadruplo degli abitanti del comune demograficamente più piccolo tra quelli associati il limite dimensionale minimo per le convenzioni), anche se precedente alla legge statale n. 135/2012.
Il Collegio osserva che la citata disposizione di legge regionale non appare ex se incompatibile con il vigente assetto normativo di fonte statale ex art. 19 del d.l. n. 95/2012, il quale – in relazione alle convenzioni in oggetto – statuisce quanto segue: “le convenzioni … hanno durata almeno triennale e alle medesime si applica, ove compatibile, l’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267. Ove alla scadenza del predetto periodo non sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, il conseguimento di significativi livelli di efficacia e di efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’Interno, da adottare entro sei mesi, sentita la Conferenza Stato Città ed autonomie locali, i comuni interessati sono obbligati ad esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente mediante unione di comuni”.
Anzi, la predeterminazione di una soglia demografica minima da parte del Legislatore regionale, peraltro – come illustrato – non priva di caratteri di flessibilità, appare coerente con la specifica finalità cristallizzata dal Legislatore statale di conseguire livelli di efficacia e di efficienza nella gestione sovracomunale delle funzioni mediante convenzione.
D’altronde, è la medesima normativa nazionale (art. 14, commi 30 e 31, del d.l. n. 78/2010 a seguito della novella ex art. 19 del d.l. n. 95/2012) che, al fine di tutelare i principi di efficacia, di economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, ha demandato alla normativa regionale – nelle materie di cui al terzo e quarto comma dell’art. 117 della Costituzione e previa concertazione con i comuni interessati nell’ambito del Consiglio delle autonomie locali – l’individuazione della dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica (oltre che il termine per l’esercizio delle predette funzioni), individuando comunque, per le unioni, salvo diversa indicazione regionale nel termine previsto, un limite demografico minimo di 10.000 abitanti (cfr., sul punto, Corte dei Conti, Sez. Basilicata, delibera n. 173 del 20 settembre 2012).
Con il secondo quesito, l’Amministrazione si interroga da un lato se, in caso di gestione delle varie funzioni mediante convenzione o unione, a ciascuna funzione fondamentale possa essere preposto un solo responsabile di servizio (titolare di posizione organizzativa), anche se la funzione comprende servizi diversi ed eterogenei; dall’altro, sorge il dubbio in capo al Comune istante se, in tal caso, siffatta soluzione implichi ripercussioni sulle correlative posizioni organizzative nei comuni aderenti alle due modalità di gestione associata.
Orbene, spettando ad ogni Ente interessato, e quindi anche al Comune di Valle Lomellina (PV), la concreta attuazione del disposto legislativo citato sopra, la Sezione non può pronunciarsi in questa sede nel merito sulla convenienza e correttezza di particolari soluzioni.
Al fine di contribuire a chiarire il contesto normativo e finanziario all’interno del quale è stata introdotta la norma che prevede l’unificazione delle funzioni, così da agevolare il compito attuativo che spetta all’Ente interessato, il Collegio evidenzia peraltro recenti approdi ermeneutici della giurisprudenza contabile (Corte Conti, sez. Piemonte, delibera n. 287 del 30 agosto 2012), da cui non vi è ragione di discostarsi in questa sede, di seguito testualmente richiamati.
Come più volte indicato, in base all’art. 14, co. 27 e segg. del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificata ed integrata dall’art. 19 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono tenuti ad esercitare “obbligatoriamente, in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l)” (art. 27, co. 28).
Peraltro, il legislatore ha indicato l’obiettivo dell’esercizio associato delle funzioni, da raggiungere progressivamente, ma non ha fornito indicazioni in merito alle conseguenze che questo potrà avere sia sull’organizzazione dei singoli enti che sulla gestione dei rapporti di lavoro dei dipendenti.
E’ indubbio che lo scopo perseguito con la previsione contenuta nei commi 27 e segg. del citato art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 2010, è quello di migliorare l’organizzazione degli Enti interessati al fine di fornire servizi più adeguati sia ai cittadini che alle imprese, nell’osservanza dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
Spetta, quindi, agli Enti interessati dalla procedura di aggregazione delle funzioni individuare le modalità organizzative ottimali, al fine di raggiungere gli obiettivi di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il legislatore intendeva conseguire prevedendo l’esercizio associato delle funzioni.
Con specifico riguardo alla concreta organizzazione di ciascuna funzione, è evidente che gli Enti interessati dall’aggregazione debbano unificare gli uffici e, a seconda delle attività che in concreto caratterizzano la funzione, prevedere la responsabilità del servizio in capo ad un unico soggetto che disponga dei necessari poteri organizzativi e gestionali, nominato secondo le indicazioni contenute nell’art. 109 del TUEL.
L’atto costitutivo dell’unione o la convenzione predisposta per la gestione associata dei servizi dovrà prevedere le modalità di nomina dei Responsabili dei servizi e ciascun Ente dovrà adeguare il proprio Regolamento degli Uffici e dei servizi per poter procedere allo svolgimento associato delle funzioni.
Nella predisposizione del modello organizzativo gli Enti interessati dovranno tenere conto degli obiettivi di finanza pubblica sottesi al citato art. 14, co. 27 e segg. del d.l. n. 78 del 2010, come modificato ed integrato dall’art. 19 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e dovranno, quindi, evitare di adottare soluzioni organizzative che, di fatto, si pongano in contrasto con le finalità, anche di risparmio di spesa, perseguite dal legislatore e che, nella sostanza, mantengano l’organizzazione precedente.
L’esercizio unificato della funzione implica che sia ripensata ed organizzata ciascuna attività, cosicché ciascun compito che caratterizza la funzione sia considerato in modo unitario e non quale sommatoria di più attività simili. Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica necessariamente che la stessa debba far capo ad un unico ufficio in un solo Comune, potendosi ritenere, in relazione ad alcune funzioni, che sia possibile il mantenimento di più uffici in Enti diversi.
Ma anche in questi casi l’unitarietà della funzione comporta che la stessa sia espressione di un disegno unitario guidato e coordinato da un Responsabile, senza potersi escludere, in linea di principio, che specifici compiti ed attività siano demandati ad altri dipendenti.
Spetta agli Enti interessati disegnare, in concreto, la nuova organizzazione delle funzioni, adottando un modello che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della spesa, efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal legislatore (come si evince espressamente dal co. 30 del citato art. 14 del d.l. n. 78), non essendo sufficiente che il nuovo modello organizzativo non preveda costi superiori alla fase precedente nella quale ciascuna funzione era svolta singolarmente da ogni Ente.
In proposito, una soluzione che lasciasse intravedere un’unificazione solo formale delle attività rientranti in ciascuna funzione e che, di fatto, permettesse a ciascun Ente di continuare a svolgere con la sua organizzazione ed ai medesimi costi i compiti inerenti alla funzione non risponderebbe all’obbligo previsto dall’art. 14, co. 27 e segg. del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato e integrato dal citato art. 19 del d.l. n. 95, conv. dalla legge n. 135 del 2012.
In relazione al terzo quesito, l’Amministrazione istante si interroga se la gestione delle (nove) funzioni fondamentali debba avvenire mediante comando o trasferimento (o altra forma di utilizzo) del personale dal comune all’unione con transito della gestione del personale preposto alla funzione associata a valere sul bilancio dell’unione.
A questo proposito, la Sezione rammenta la necessità che il Comune provveda a dotare l’unione delle necessarie risorse umane per lo svolgimento delle funzioni ad essa attribuite, come – peraltro – espressamente statuito dal dato legale richiamato dall’ente locale (art. 32 comma 5 del d.lgs. n. 267/2000, novellato dall’art. 19 del d.l. n. 95/2012 convertito nella l. n. 135/2012).
In linea di principio, ne deriva, in sede di valutazione delle modalità di trasferimento del personale all’unione, l’allocazione stabile dei dipendenti nella dotazione organica dell’ente strumentale, anche in ossequio ai principi di prudente programmazione finanziaria ed amministrativa nonché di sana gestione, che richiedono una adeguata simmetria tra risorse umane e funzioni esercitate, con i relativi oneri a carico dell’unione. All’esito del predetto trasferimento, il Comune avrà cura di rideterminare la propria dotazione organica, tenendo conto delle funzioni e del personale in capo all’unione.
Per quanto concerne il quarto quesito, il Sindaco chiede quali siano le interrelazioni, in caso di gestione associata a mezzo di unione ex art 32 del d.lgs. n. 267/2000 o convenzione ex art 30 del d.lgs. n. 267/2000 con gli obblighi che – dal 2013 – si applicano ai comuni sopra i 1.000 abitanti assoggettati al patto di stabilità, con specifico riferimento alle spese di personale.
Orbene, i Comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti dal 2013 dovranno osservare la disciplina relativa al Patto di stabilità interno (art. 16, co. 31, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”) e, pertanto, saranno assoggettati anche alla disciplina relativa alle spese di personale e ai vincoli per le assunzioni dettati per gli Enti sottoposti al Patto.
In proposito, la Sezione delle autonomie della Corte ha rilevato che “l’estensione del Patto a tutti i Comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, oltre a non presentare specifiche incompatibilità sul piano formale, non offre motivi plausibili per sottrarre taluni di essi all’immediata e uniforme applicazione dei vincoli di contenimento della spesa, alla luce, soprattutto, dei recenti interventi correttivi di finanza pubblica dettati dalla eccezionale situazione di crisi finanziaria. Invero, l’esigenza di assicurare il mantenimento di servizi minimi ed essenziali, in contesti in cui la riorganizzazione delle residue risorse umane disponibili all’interno del singolo ente locale non è in grado di evitare una sostanziale paralisi degli stessi, può trovare adeguata compensazione in misure di razionalizzazione della spesa che facciano leva sull’associazionismo comunale previsto e disciplinato dall’art. 16 del citato D.L. n. 138/2011, quale modulo organizzativo più flessibile, economico ed efficiente fruibile ai fini dell’esercizio di tutte le funzioni fondamentali e dei correlati servizi pubblici di competenza comunale…(omissis). Sebbene non siano state previste specifiche disposizioni di diritto intertemporale volte a regolare il passaggio tra i due assetti normativi, l’estensione della disciplina del Patto ai Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti è avvenuta assicurando, comunque, un congruo arco temporale durante il quale gli stessi enti potranno provvedere a riprogrammare non soltanto le procedure di reclutamento, in linea con il preannunciato regime vincolistico, ma anche i livelli complessivi di spesa, così da poterli rendere compatibili con i previsti obiettivi di saldo finanziario…” (Corte conti, Sez. Autonomie, 11 maggio 2012, n. 6; cfr. altresì Corte Conti, Sez. Piemonte, 30 agosto 2012, n. 288).
Per quanto concerne le modalità di computo, la giurisprudenza contabile ha da tempo valorizzato una considerazione sostanziale della spesa di personale, secondo la quale la disciplina vincolistica in tale materia non può incidere solo per il personale alle dirette dipendenze dell’ente, ma anche per quello che svolge la propria attività al di fuori dello stesso e, comunque, per tutte le forme di esternalizzazione. Ciò significa che l’amministrazione, al fine di rendere correttamente le certificazioni e attestazioni relative al rispetto dei parametri di spesa per il personale previsto dalla vigente normativa, dovrà conteggiare la quota parte di spesa di personale dell’unione che sia riferibile al Comune stesso. Allo scopo dovrà reperire ed adottare idonei criteri per determinare la misura della spesa di personale propria dell’unione che sia riferibile pro quota al Comune (Corte dei Conti, Sez. Autonomie n. 8/2011).
Questo consolidato principio ermeneutico non appare confliggere con il tenore dell’art. 32 comma 5 del TUEL, novellato dall’art. 19 del d.l. n. 95/2012 (convertito nella l. n. 135/2012), secondo cui in relazione alle funzioni attribuite la spesa sostenuta per il personale dell’unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti, fermi i vincoli previsti dalla vigente normativa in materia di personale. A regime, precisa tale disposizione, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di personale.

P.Q.M.

Nelle considerazioni che precedono è espresso il parere della Sezione


L’ Estensore                                             Il Presidente
(dott. Alessandro Napoli)                              (dott. Nicola Mastropasqua)
Depositato in Segreteria il
8 ottobre 2012
Il Direttore della Segreteria
(dott.ssa Daniela Parisini)