REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
IN
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA
LOMBARDIA
composta dai Magistrati:
dott. Nicola Mastropasqua Presidente
dott. Giuseppe Zola Consigliere
dott. Gianluca Braghò Primo Referendario
dott. Alessandro Napoli Referendario (relatore)
dott.ssa Laura De Rentiis Referendario
dott. Donato Centrone Referendario
dott. Francesco Sucameli Referendario
dott. Cristiano Baldi Referendario
dott. Andrea Luberti Referendario
nella camera di consiglio del 3 ottobre 2012
Visto il testo unico delle leggi sulla
Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214,
e successive modificazioni;
Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;
Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
Vista la deliberazione delle Sezioni
riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha
approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di
controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle
Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004
del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul
procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7,
comma 8, della legge n. 131/2003;
Vista la nota pervenuta al protocollo
della Sezione in data 14.09.2012 prot. c.d.c. n. 7468 con la quale il
Sindaco del Comune di Valle Lomellina (PV) ha chiesto un parere in
materia di contabilità pubblica;
Vista l’ordinanza con la quale il
Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare
sulla richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Valle Lomellina
(PV);
Udito il relatore, Alessandro Napoli;OGGETTO DEL PARERE
Il Sindaco del Comune di Valle Lomellina
(PV) ha posto alla Sezione una articolata richiesta di parere in ordine
allo svolgimento in forma associata di funzioni fondamentali ai sensi
della l. n. 135/2012.
Più nel dettaglio, l’organo rappresentativo dell’ente precisa quanto segue.
Il Comune di Valle Lomellina, la cui
popolazione è pari a 2.250 abitanti, alla luce della vigente normativa
ha l’obbligo di associarsi per lo svolgimento delle nove funzioni
fondamentali come previste, da ultimo, dal comma 1 dell’articolo 19 del
d.l. n. 95/2012 convertito in legge n. 135/2012, o comunque di rivedere,
alla luce delle novità introdotte dalla suddetta legge n. 135/2012, le
forme associative già costituite con altri comuni nelle forme
dell’unione o della convenzione.
Ciò premesso, il Sindaco pone i seguenti quattro quesiti.
A) In assenza di limite minimo
dimensionale nazionale per le convenzioni (che non appare rinvenirsi
nella legge n. 135/2012), trova comunque applicazione la legge regionale
lombarda n. 22/2011 (che fissa in 5.000 abitanti o nel quadruplo degli
abitanti del comune demograficamente più piccolo tra quelli associati il
limite dimensionale minimo per le convenzioni) anche se precedente alla
legge statale n. 135/2012?
B) In caso di gestione delle varie
funzioni mediante convenzione o unione, a ciascuna funzione fondamentale
può essere preposto un solo responsabile di servizio (titolare di
posizione organizzativa), anche se la funzione comprende servizi diversi
ed eterogenei? In tal caso tale soluzione implica ripercussioni sulle
correlative posizioni organizzative nei comuni aderenti alle due
modalità di gestione associata?
C) Il comma 5 dell’art. 32 del d.lgs. n.
267/2000 – come modificato dall’articolo 19 del d.l. n. 95/2012
convertito in legge n. 135/2012 – statuisce che “all’unione sono
conferite dai comuni partecipanti le risorse umane e strumentali
necessarie all’esercizio delle funzioni loro attribuite”. Orbene, tale
disposizione deve interpretarsi nel senso che, ove i comuni
costituiscano o siano già in unione, la gestione delle (nove) funzioni
fondamentali deve avvenire mediante comando o trasferimento (o altra
forma di utilizzo) del personale dal comune all’unione, con transito
della gestione del personale preposto alla funzione associata a valere
sul bilancio dell’unione?
D) Quali sono le interrelazioni, in caso di gestione associata a mezzo di Unione ex art. 32 del d.lgs. n. 267/2000 o convenzione ex
art 30 del d.lgs. n. 267/2000 con gli obblighi che – dal 2013 –
graveranno sui comuni sopra i 1.000 abitanti, assoggettati al patto di
stabilità, con specifico riferimento alle spese di personale?
PREMESSA
Il primo punto da esaminare concerne la
verifica in ordine alla circostanza se la richiesta proveniente dal
Sindaco del Comune di Valle Lomellina (PV) rientri nell’ambito delle
funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti
dall’art. 7 comma ottavo, della legge 5 giugno 2003, n. 131, norma in
forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette
Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori
forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria,
dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.
In proposito, questa Sezione ha
precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo
dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita
agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un
organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi
necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.
I pareri e le altre forme di
collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti
territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la
collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello
svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici,
restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o
coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte: parere
sez. Lombardia, 11 febbraio 2009, n. 36).
Infatti, deve essere messo in luce che
il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche
se, ovviamente, la richiesta proveniente dall’ente pubblico è motivata,
generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in
relazione ad una particolare situazione. L’esame e l’analisi svolta nel
parere è limitata ad individuare l’interpretazione di disposizioni di
legge e di principi generali dell’ordinamento in relazione alla materia
prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest’ultimo la
decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla
situazione che ha originato la domanda.
AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA
Riguardo all’individuazione dell’organo
legittimato ad inoltrare le richieste di parere dell’ente comunale, si
osserva che il Sindaco è l’organo istituzionalmente legittimato a
richiedere il parere, in quanto riveste il ruolo di rappresentante
dell’ente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.
Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall’organo legittimato a proporla.
AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA
Con riferimento alla verifica del
profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione, contenuta nel
comma 8, dell’art. 7 della legge 131/03, deve essere raccordata con il
precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la
funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il
perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di
principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti
locali.
Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.
Il raccordo tra le due disposizioni
opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriore
rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite, in particolare,
con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia
di contabilità pubblica.
Appare conseguentemente chiaro che le
Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione
consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che,
anzi, le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali
di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione
positiva.
Al riguardo, le Sezioni riunite della
Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento
della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del decreto-legge
1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria di contabilità
pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”,
da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che
incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n.
54, in data 17 novembre 2010).
Il limite della funzione consultiva,
come sopra delineato, esclude qualsiasi possibilità di intervento della
Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che
ricade nell’esclusiva competenza dell’autorità che la svolge; nonché
esclude che la funzione consultiva possa interferire in concreto con
competenze di altri organi giurisdizionali.
Dalle sopraesposte considerazioni
consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi
all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di
organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per
quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di
attività.
Con specifico riferimento ai quattro
quesiti posti dall’Ente, essi si configurano ammissibili anche sul piano
oggettivo, attesa l’immediata incidenza sugli equilibri di bilancio
dell’ente locale istante.
MERITO
In via preliminare, il Collegio rammenta
che la funzione consultiva è diretta a fornire un ausilio all’Ente
richiedente per le determinazioni che lo stesso è tenuto ad assumere
nell’esercizio delle proprie funzioni, restando – dunque – ferma la
discrezionalità dell’Amministrazione in sede di esercizio delle
prerogative gestorie.
Con il primo quesito
il Sindaco si interroga se, in assenza di un limite minimo dimensionale
nazionale per le convenzioni (che non appare rinvenirsi nella legge
135/2012), trovi comunque applicazione ad un Comune ricompreso tra i
1.000 e i 5.000 abitanti la legge regionale lombarda n. 22/2011 (che –
all’art. 8 comma 1 e salve le deroghe di cui al successivo art. 10 –
fissa in 5.000 abitanti o nel quadruplo degli abitanti del comune
demograficamente più piccolo tra quelli associati il limite dimensionale
minimo per le convenzioni), anche se precedente alla legge statale n.
135/2012.
Il Collegio osserva che la citata disposizione di legge regionale non appare ex se incompatibile con il vigente assetto normativo di fonte statale ex art. 19 del d.l. n. 95/2012, il quale – in relazione alle convenzioni in oggetto – statuisce quanto segue: “le
convenzioni … hanno durata almeno triennale e alle medesime si applica,
ove compatibile, l’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000
n. 267. Ove alla scadenza del predetto periodo non sia comprovato, da
parte dei comuni aderenti, il conseguimento di significativi livelli di
efficacia e di efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con
decreto del Ministro dell’Interno, da adottare entro sei mesi, sentita
la Conferenza Stato Città ed autonomie locali, i comuni interessati sono
obbligati ad esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente
mediante unione di comuni”.
Anzi, la predeterminazione di una soglia
demografica minima da parte del Legislatore regionale, peraltro – come
illustrato – non priva di caratteri di flessibilità, appare coerente con
la specifica finalità cristallizzata dal Legislatore statale di
conseguire livelli di efficacia e di efficienza nella gestione
sovracomunale delle funzioni mediante convenzione.
D’altronde, è la medesima normativa nazionale (art. 14, commi 30 e 31, del d.l. n. 78/2010 a seguito della novella ex art.
19 del d.l. n. 95/2012) che, al fine di tutelare i principi di
efficacia, di economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, ha
demandato alla normativa regionale – nelle materie di cui al terzo e
quarto comma dell’art. 117 della Costituzione e previa concertazione con
i comuni interessati nell’ambito del Consiglio delle autonomie locali –
l’individuazione della dimensione territoriale ottimale e omogenea per
area geografica (oltre che il termine per l’esercizio delle predette
funzioni), individuando comunque, per le unioni, salvo diversa
indicazione regionale nel termine previsto, un limite demografico minimo
di 10.000 abitanti (cfr., sul punto, Corte dei Conti, Sez. Basilicata,
delibera n. 173 del 20 settembre 2012).
Con il secondo quesito,
l’Amministrazione si interroga da un lato se, in caso di gestione delle
varie funzioni mediante convenzione o unione, a ciascuna funzione
fondamentale possa essere preposto un solo responsabile di servizio
(titolare di posizione organizzativa), anche se la funzione comprende
servizi diversi ed eterogenei; dall’altro, sorge il dubbio in capo al
Comune istante se, in tal caso, siffatta soluzione implichi
ripercussioni sulle correlative posizioni organizzative nei comuni
aderenti alle due modalità di gestione associata.
Orbene, spettando ad ogni Ente
interessato, e quindi anche al Comune di Valle Lomellina (PV), la
concreta attuazione del disposto legislativo citato sopra, la Sezione
non può pronunciarsi in questa sede nel merito sulla convenienza e
correttezza di particolari soluzioni.
Al fine di contribuire a chiarire il
contesto normativo e finanziario all’interno del quale è stata
introdotta la norma che prevede l’unificazione delle funzioni, così da
agevolare il compito attuativo che spetta all’Ente interessato, il
Collegio evidenzia peraltro recenti approdi ermeneutici della
giurisprudenza contabile (Corte Conti, sez. Piemonte, delibera n. 287
del 30 agosto 2012), da cui non vi è ragione di discostarsi in questa
sede, di seguito testualmente richiamati.
Come più volte indicato, in base
all’art. 14, co. 27 e segg. del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificata ed integrata dall’art. 19
del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, i
Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono tenuti ad
esercitare “obbligatoriamente, in forma associata, mediante unione
di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al
comma 27, ad esclusione della lettera l)” (art. 27, co. 28).
Peraltro, il legislatore ha indicato
l’obiettivo dell’esercizio associato delle funzioni, da raggiungere
progressivamente, ma non ha fornito indicazioni in merito alle
conseguenze che questo potrà avere sia sull’organizzazione dei singoli
enti che sulla gestione dei rapporti di lavoro dei dipendenti.
E’ indubbio che lo scopo perseguito con
la previsione contenuta nei commi 27 e segg. del citato art. 14 del d.l.
n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 2010, è quello di migliorare
l’organizzazione degli Enti interessati al fine di fornire servizi più
adeguati sia ai cittadini che alle imprese, nell’osservanza dei principi
di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
Spetta, quindi, agli Enti interessati
dalla procedura di aggregazione delle funzioni individuare le modalità
organizzative ottimali, al fine di raggiungere gli obiettivi di maggior
efficienza, razionalizzazione e risparmio che il legislatore intendeva
conseguire prevedendo l’esercizio associato delle funzioni.
Con specifico riguardo alla concreta
organizzazione di ciascuna funzione, è evidente che gli Enti interessati
dall’aggregazione debbano unificare gli uffici e, a seconda delle
attività che in concreto caratterizzano la funzione, prevedere la
responsabilità del servizio in capo ad un unico soggetto che disponga
dei necessari poteri organizzativi e gestionali, nominato secondo le
indicazioni contenute nell’art. 109 del TUEL.
L’atto costitutivo dell’unione o la
convenzione predisposta per la gestione associata dei servizi dovrà
prevedere le modalità di nomina dei Responsabili dei servizi e ciascun
Ente dovrà adeguare il proprio Regolamento degli Uffici e dei servizi
per poter procedere allo svolgimento associato delle funzioni.
Nella predisposizione del modello
organizzativo gli Enti interessati dovranno tenere conto degli obiettivi
di finanza pubblica sottesi al citato art. 14, co. 27 e segg. del d.l.
n. 78 del 2010, come modificato ed integrato dall’art. 19 del d.l. 6
luglio 2012, n. 95, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e dovranno,
quindi, evitare di adottare soluzioni organizzative che, di fatto, si
pongano in contrasto con le finalità, anche di risparmio di spesa,
perseguite dal legislatore e che, nella sostanza, mantengano
l’organizzazione precedente.
L’esercizio unificato della funzione
implica che sia ripensata ed organizzata ciascuna attività, cosicché
ciascun compito che caratterizza la funzione sia considerato in modo
unitario e non quale sommatoria di più attività simili. Lo svolgimento
unitario di ciascuna funzione non implica necessariamente che la stessa
debba far capo ad un unico ufficio in un solo Comune, potendosi
ritenere, in relazione ad alcune funzioni, che sia possibile il
mantenimento di più uffici in Enti diversi.
Ma anche in questi casi l’unitarietà
della funzione comporta che la stessa sia espressione di un disegno
unitario guidato e coordinato da un Responsabile, senza potersi
escludere, in linea di principio, che specifici compiti ed attività
siano demandati ad altri dipendenti.
Spetta agli Enti interessati disegnare,
in concreto, la nuova organizzazione delle funzioni, adottando un
modello che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della
spesa, efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal legislatore
(come si evince espressamente dal co. 30 del citato art. 14 del d.l. n.
78), non essendo sufficiente che il nuovo modello organizzativo non
preveda costi superiori alla fase precedente nella quale ciascuna
funzione era svolta singolarmente da ogni Ente.
In proposito, una soluzione che
lasciasse intravedere un’unificazione solo formale delle attività
rientranti in ciascuna funzione e che, di fatto, permettesse a ciascun
Ente di continuare a svolgere con la sua organizzazione ed ai medesimi
costi i compiti inerenti alla funzione non risponderebbe all’obbligo
previsto dall’art. 14, co. 27 e segg. del d.l. 31 maggio 2010, n. 78,
conv. dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato e integrato
dal citato art. 19 del d.l. n. 95, conv. dalla legge n. 135 del 2012.
In relazione al terzo quesito,
l’Amministrazione istante si interroga se la gestione delle (nove)
funzioni fondamentali debba avvenire mediante comando o trasferimento (o
altra forma di utilizzo) del personale dal comune all’unione con
transito della gestione del personale preposto alla funzione associata a
valere sul bilancio dell’unione.
A questo proposito, la Sezione rammenta
la necessità che il Comune provveda a dotare l’unione delle necessarie
risorse umane per lo svolgimento delle funzioni ad essa attribuite, come
– peraltro – espressamente statuito dal dato legale richiamato
dall’ente locale (art. 32 comma 5 del d.lgs. n. 267/2000, novellato
dall’art. 19 del d.l. n. 95/2012 convertito nella l. n. 135/2012).
In linea di principio, ne deriva, in
sede di valutazione delle modalità di trasferimento del personale
all’unione, l’allocazione stabile dei dipendenti nella dotazione
organica dell’ente strumentale, anche in ossequio ai principi di
prudente programmazione finanziaria ed amministrativa nonché di sana
gestione, che richiedono una adeguata simmetria tra risorse umane e
funzioni esercitate, con i relativi oneri a carico dell’unione.
All’esito del predetto trasferimento, il Comune avrà cura di
rideterminare la propria dotazione organica, tenendo conto delle
funzioni e del personale in capo all’unione.
Per quanto concerne il quarto quesito, il Sindaco chiede quali siano le interrelazioni, in caso di gestione associata a mezzo di unione ex art 32 del d.lgs. n. 267/2000 o convenzione ex
art 30 del d.lgs. n. 267/2000 con gli obblighi che – dal 2013 – si
applicano ai comuni sopra i 1.000 abitanti assoggettati al patto di
stabilità, con specifico riferimento alle spese di personale.
Orbene, i Comuni con popolazione
compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti dal 2013 dovranno osservare la
disciplina relativa al Patto di stabilità interno (art. 16, co. 31, del
d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. dalla legge 14 settembre 2011, n.
148, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”)
e, pertanto, saranno assoggettati anche alla disciplina relativa alle
spese di personale e ai vincoli per le assunzioni dettati per gli Enti
sottoposti al Patto.
In proposito, la Sezione delle autonomie della Corte ha rilevato che “l’estensione
del Patto a tutti i Comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti,
oltre a non presentare specifiche incompatibilità sul piano formale, non
offre motivi plausibili per sottrarre taluni di essi all’immediata e
uniforme applicazione dei vincoli di contenimento della spesa, alla
luce, soprattutto, dei recenti interventi correttivi di finanza pubblica
dettati dalla eccezionale situazione di crisi finanziaria. Invero,
l’esigenza di assicurare il mantenimento di servizi minimi ed
essenziali, in contesti in cui la riorganizzazione delle residue risorse
umane disponibili all’interno del singolo ente locale non è in grado di
evitare una sostanziale paralisi degli stessi, può trovare adeguata
compensazione in misure di razionalizzazione della spesa che facciano
leva sull’associazionismo comunale previsto e disciplinato dall’art. 16
del citato D.L. n. 138/2011, quale modulo organizzativo più flessibile,
economico ed efficiente fruibile ai fini dell’esercizio di tutte le
funzioni fondamentali e dei correlati servizi pubblici di competenza
comunale…(omissis). Sebbene non siano state previste specifiche
disposizioni di diritto intertemporale volte a regolare il passaggio tra
i due assetti normativi, l’estensione della disciplina del Patto ai
Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti è avvenuta
assicurando, comunque, un congruo arco temporale durante il quale gli
stessi enti potranno provvedere a riprogrammare non soltanto le
procedure di reclutamento, in linea con il preannunciato regime
vincolistico, ma anche i livelli complessivi di spesa, così da poterli
rendere compatibili con i previsti obiettivi di saldo finanziario…” (Corte conti, Sez. Autonomie, 11 maggio 2012, n. 6; cfr. altresì Corte Conti, Sez. Piemonte, 30 agosto 2012, n. 288).
Per quanto concerne le modalità di
computo, la giurisprudenza contabile ha da tempo valorizzato una
considerazione sostanziale della spesa di personale, secondo la quale la
disciplina vincolistica in tale materia non può incidere solo per il
personale alle dirette dipendenze dell’ente, ma anche per quello che
svolge la propria attività al di fuori dello stesso e, comunque, per
tutte le forme di esternalizzazione. Ciò significa che
l’amministrazione, al fine di rendere correttamente le certificazioni e
attestazioni relative al rispetto dei parametri di spesa per il
personale previsto dalla vigente normativa, dovrà conteggiare la quota
parte di spesa di personale dell’unione che sia riferibile al Comune
stesso. Allo scopo dovrà reperire ed adottare idonei criteri per
determinare la misura della spesa di personale propria dell’unione che
sia riferibile pro quota al Comune (Corte dei Conti, Sez. Autonomie n. 8/2011).
Questo consolidato principio ermeneutico
non appare confliggere con il tenore dell’art. 32 comma 5 del TUEL,
novellato dall’art. 19 del d.l. n. 95/2012 (convertito nella l. n.
135/2012), secondo cui in relazione alle funzioni attribuite la spesa
sostenuta per il personale dell’unione non può comportare, in sede di
prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale
sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti, fermi i
vincoli previsti dalla vigente normativa in materia di personale. A
regime, precisa tale disposizione, attraverso specifiche misure di
razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione dei
fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa in
materia di personale.
P.Q.M.
Nelle considerazioni che precedono è espresso il parere della Sezione
L’ Estensore Il Presidente
(dott. Alessandro Napoli) (dott. Nicola Mastropasqua)
Depositato in Segreteria il
8 ottobre 2012
Il Direttore della Segreteria
(dott.ssa Daniela Parisini)