N. 02993/2012REG.PROV.COLL.
N. 00142/2000 REG.RIC.
N. 00142/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presenteIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 142 del 2000, proposto da Gestione Liquidatoria ex U.S.L. 30 Area Senese, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Moraca, con domicilio eletto presso Giuliocarlo Schettini in Roma, via Archimede 44;
contro
Costantino Orazio, rappresentato e difeso dall'avv. Piergiorgio Viviani, con domicilio eletto presso Nino Paolantonio in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE III n. 313/1999, resa tra le parti, concernente il diniego autorizzazione all’assistenza indiretta.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2012 il Cons. Vincenzo Neri e uditi per le parti gli avvocati Schettini su delega di Moraca e Viviani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al Tar per la Toscana Orazio Costantino impugnava il provvedimento di rigetto del ricorso in opposizione proposto avverso il diniego dell'autorizzazione alla fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta; si costituiva nel giudizio di primo grado l’amministrazione intimata eccependo l'irricevibilità del ricorso e deducendo nel merito la sua infondatezza.
Con la sentenza impugnata il TAR, rigettata l'eccezione di irricevibilità, accoglieva nel merito il ricorso rilevando il vizio di eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, insufficienza di motivazione e irragionevolezza.
Con deliberazione 10 dicembre 1999 n. 59 l'amministrazione sanitaria, nelle more dell'appello, provvedeva a liquidare quanto spettava a parte ricorrente "in conseguenza della provvisoria esecutività della sentenza emessa dal Tar Toscana".
Quindi avverso la predetta sentenza l'amministrazione proponeva appello deducendo:
1. Erronea reiezione della eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività. A giudizio di parte appellante la sentenza sarebbe erronea perché non ha fatto decorrere il termine per l'impugnazione del provvedimento dalla data di comunicazione, mediante lettera ordinaria, all'interessato (sulla ricezione della quale non sussisterebbero contestazioni da parte del Costantino).
2. Erroneità ed illogicità della decisione del Tar; omessa, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione. Violazione e/o falsa applicazione di legge (D.M. 3 novembre 1989, legge regionale 6 aprile 1993 n. 23, legge 23 ottobre 1985 n. 595). Errore e travisamento dei fatti. Sempre per parte appellante la decisione di primo grado sarebbe errata nella parte in cui non ha adeguatamente valutato le circostanze che governano l'adozione del provvedimento in questione.
Si costituiva l'appellato resistendo alle censure proposte dall'amministrazione e chiedendo la conferma della decisione di primo grado.
Quindi all'udienza pubblica del 16 marzo 2012 l'appello passava in decisione.
Con deliberazione 10 dicembre 1999 n. 59 l'amministrazione sanitaria, nelle more dell'appello, provvedeva a liquidare quanto spettava a parte ricorrente "in conseguenza della provvisoria esecutività della sentenza emessa dal Tar Toscana".
Quindi avverso la predetta sentenza l'amministrazione proponeva appello deducendo:
1. Erronea reiezione della eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività. A giudizio di parte appellante la sentenza sarebbe erronea perché non ha fatto decorrere il termine per l'impugnazione del provvedimento dalla data di comunicazione, mediante lettera ordinaria, all'interessato (sulla ricezione della quale non sussisterebbero contestazioni da parte del Costantino).
2. Erroneità ed illogicità della decisione del Tar; omessa, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione. Violazione e/o falsa applicazione di legge (D.M. 3 novembre 1989, legge regionale 6 aprile 1993 n. 23, legge 23 ottobre 1985 n. 595). Errore e travisamento dei fatti. Sempre per parte appellante la decisione di primo grado sarebbe errata nella parte in cui non ha adeguatamente valutato le circostanze che governano l'adozione del provvedimento in questione.
Si costituiva l'appellato resistendo alle censure proposte dall'amministrazione e chiedendo la conferma della decisione di primo grado.
Quindi all'udienza pubblica del 16 marzo 2012 l'appello passava in decisione.
DIRITTO
Per la decisione del primo motivo di appello appare necessario individuare le comunicazioni, con relative date, ricevute dal ricorrente in primo grado. Dall'esame degli atti emerge che:
1. con lettera del 20 luglio 1992 il Costantino veniva informato del diniego di autorizzazione al ricovero della figlia (allegato n. 3 depositato in primo grado dall’odierno appellante);
2. con istanza del 24 agosto 1992 l'interessato avanzava richiesta affinché venisse riconosciuta l'assistenza indiretta nella misura dovuta dalle leggi vigenti (allegato n. 4 depositato in primo grado dall’appellante);
3. con lettera del 10 settembre 1993, recante protocollo n. 345, il Costantino veniva informato della decisione dell’istanza con nota di questo tenore:« In riferimento al ricorso da Lei presentato a questa USL, 30, avverso il parere del Centro Regionale per l'autorizzazione ad usufruire di cure specialistiche per Sua figlia, presso la Casa di Cura Piacenza di Piacenza, con susseguente parziale rimborso, si comunica che l'Amministratore Straordinario con Atto n. 1444 del 2.9.93, si è pronunciato negativamente sull'accoglimento del ricorso stesso, uniformandosi in tal modo al parere a suo tempo espresso da Centro Regionale di Riferimento» (allegato n. 6 depositato dall’appellante in primo grado);
4. con istanza, ricevuta dall'amministrazione in data 21 settembre 1993, protocollo n. 60374, il Costantino, al fine di poter presentare ricorso al Tar, chiedeva il rilascio di copia autentica dell'atto n. 1444 del 2/9/93 emesso dall'amministratore straordinario della Usl 30 e della comunicazione da parte della clinica otorinolaringoiatrica di Siena dell'esito della visita di controllo effettuata alla figlia Gaia nel mese di dicembre 1992 (allegato n. 7 depositato in primo grado dall’appellante);
5. l'amministrazione, con raccomandata recante timbro postale 11 ottobre 1993, trasmetteva gli atti richiesti con l’istanza di accesso
6. quindi il Costantino proponeva ricorso giurisdizionale innanzi al Tar Toscana notificandolo all'amministrazione il 9 dicembre 1993 e non anche in data 12 dicembre 1993 come erroneamente rilevato nella memoria depositata dall'amministrazione in appello ( pagina cinque).
Come è noto, ai sensi dell’articolo 29 c.p.a., l’azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di sessanta giorni. L’articolo 41, comma 2, c.p.a. precisa che qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge.
Le norme in questione - non innovative sul punto rispetto alla previgente disciplina applicabile nell’odierno giudizio - non sempre sono state interpretate univocamente dalla giurisprudenza.
Per un primo orientamento la piena conoscenza del provvedimento amministrativo presuppone la conoscenza del contenuto essenziale dell'atto, non potendo il termine per l' impugnazione decorrere dalla semplice conoscenza del suo contenuto dispositivo sfavorevole, ma occorrendo anche la consapevolezza dei vizi da cui eventualmente l'atto è affetto, raggiunta mediante la valutazione della motivazione (Cons. St., V, 16 settembre 2011 n. 5191).
Per altro orientamento sarebbe preferibile la «…tesi mediana per cui in via di principio, la piena conoscenza dell'atto censurato si concretizza con la cognizione degli elementi essenziali quali l'autorità emanante, l'oggetto, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo, perché tali elementi sono sufficienti a rendere il legittimato all'impugnativa consapevole dell'incidenza dell'atto nella sua sfera giuridica e a dargli la concreta possibilità di rendersi conto della lesività del provvedimento, senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione e degli atti del procedimento, che può rilevare solo ai fini della proposizione dei motivi aggiunti (Cons. Stato, IV, 26 gennaio 2010 n. 292). Detti elementi essenziali devono essere tuttavia tali da consentire all'interessato di poter valutare se l'atto è illegittimo o meno e, in difetto, si deve ritenere che il destinatario abbia una mera facoltà, non un onere, di impugnare subito l'atto per poi proporre i motivi aggiunti, ben potendo attendere di conoscere la motivazione dell'atto per poter, una volta avuta completa conoscenza del contenuto dell'atto, quindi dell'effetto lesivo dello stesso, valutare se impugnarlo o meno (ex multis, Cons. Stato, VI, 8 febbraio 2007 n. 522). Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, la motivazione è obbligatoria, sicché la mera notizia che esiste un provvedimento non può essere equiparata alla piena conoscenza del provvedimento medesimo. Di conseguenza, la piena conoscenza del provvedimento presuppone la conoscenza del contenuto essenziale dell'atto, non potendo il termine per l'impugnazione decorrere dalla semplice conoscenza del suo contenuto dispositivo sfavorevole, ma occorrendo anche la consapevolezza dei vizi da cui eventualmente l'atto è affetto, conseguita attraverso la valutazione della motivazione (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2011, n. 8)…» (Cons. St., VI, 31 marzo 2011 n. 2006).
Per un terzo orientamento – maggiormente consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato – quando il provvedimento amministrativo incide in modo diretto, immediato e concreto sulla posizione giuridica di un soggetto, comprimendogli o disconoscendogli diritti o altre utilità di cui questi è titolare, il termine per chiederne l'annullamento decorre dalla sua conoscenza che, in difetto di formale comunicazione, si concretizza nel momento della piena percezione dei suoi contenuti essenziali (autorità emanante, contenuto del dispositivo ed effetto lesivo), senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione, che è rilevante solo ai fini della successiva proposizione dei motivi aggiunti, nulla innovando, sul punto, l'obbligo di consentire agli interessati l'accesso alla documentazione, al cui ritardato adempimento l'ordinamento soccorre con la possibilità, accordata all'interessato, di proporre motivi aggiunti e, con gli stessi, anche di introdurre l' impugnazione di atti e provvedimenti ulteriori rispetto a quelli originariamente impugnati con il ricorso principale (Cons. St., IV, 2 settembre 2011, n. 4973).
A giudizio della sezione merita condivisione il terzo orientamento perché, senza compromettere le ragioni di tutela dell’interessato (che potranno essere fatte valere con eventuali motivi aggiunti), appare maggiormente rispettoso anche del principio di certezza dei rapporti giuridici.
Venendo la caso di specie non v’è dubbio che l’interessato, in un momento certamente precedente al 21 settembre 1993, data in cui è stata proposta l’istanza di accesso con l’indicazione esatta dell’atto richiesto, ha ricevuto la lettera dell’amministrazione (recante data 10 settembre 1993) con la quale l’USL gli comunicava:«In riferimento al ricorso da Lei presentato a questa USL, 30, avverso il parere del Centro Regionale per l'autorizzazione ad usufruire di cure specialistiche per Sua figlia, presso la Casa di Cura Piacenza di Piacenza, con susseguente parziale rimborso, si comunica che l'Amministratore Straordinario con Atto n. 1444 del 2.9.93, si è pronunciato negativamente sull'accoglimento del ricorso stesso, uniformandosi in tal modo al parere a suo tempo espresso da Centro Regionale di Riferimento» (allegato n. 6 depositato dall’appellante in primo grado).
A giudizio della Sezione – a differenza di quanto sbrigativamente affermato nella sentenza di primo grado – tale comunicazione è certamente idonea a far decorrere il termine per la proposizione del ricorso perché da tale momento non v’è dubbio che in capo all’interessato si è realizzata la piena percezione dei contenuti essenziali dell’atto lesivo (autorità emanante, contenuto del dispositivo ed effetto lesivo), senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione, che, come detto, è importante solo ai fini della successiva proposizione dei motivi aggiunti.
Deve dunque essere accolto il primo motivo di appello e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato irricevibile il ricorso di primo grado.
Sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti costituite le spese e gli onorari di giudizio.
1. con lettera del 20 luglio 1992 il Costantino veniva informato del diniego di autorizzazione al ricovero della figlia (allegato n. 3 depositato in primo grado dall’odierno appellante);
2. con istanza del 24 agosto 1992 l'interessato avanzava richiesta affinché venisse riconosciuta l'assistenza indiretta nella misura dovuta dalle leggi vigenti (allegato n. 4 depositato in primo grado dall’appellante);
3. con lettera del 10 settembre 1993, recante protocollo n. 345, il Costantino veniva informato della decisione dell’istanza con nota di questo tenore:« In riferimento al ricorso da Lei presentato a questa USL, 30, avverso il parere del Centro Regionale per l'autorizzazione ad usufruire di cure specialistiche per Sua figlia, presso la Casa di Cura Piacenza di Piacenza, con susseguente parziale rimborso, si comunica che l'Amministratore Straordinario con Atto n. 1444 del 2.9.93, si è pronunciato negativamente sull'accoglimento del ricorso stesso, uniformandosi in tal modo al parere a suo tempo espresso da Centro Regionale di Riferimento» (allegato n. 6 depositato dall’appellante in primo grado);
4. con istanza, ricevuta dall'amministrazione in data 21 settembre 1993, protocollo n. 60374, il Costantino, al fine di poter presentare ricorso al Tar, chiedeva il rilascio di copia autentica dell'atto n. 1444 del 2/9/93 emesso dall'amministratore straordinario della Usl 30 e della comunicazione da parte della clinica otorinolaringoiatrica di Siena dell'esito della visita di controllo effettuata alla figlia Gaia nel mese di dicembre 1992 (allegato n. 7 depositato in primo grado dall’appellante);
5. l'amministrazione, con raccomandata recante timbro postale 11 ottobre 1993, trasmetteva gli atti richiesti con l’istanza di accesso
6. quindi il Costantino proponeva ricorso giurisdizionale innanzi al Tar Toscana notificandolo all'amministrazione il 9 dicembre 1993 e non anche in data 12 dicembre 1993 come erroneamente rilevato nella memoria depositata dall'amministrazione in appello ( pagina cinque).
Come è noto, ai sensi dell’articolo 29 c.p.a., l’azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di sessanta giorni. L’articolo 41, comma 2, c.p.a. precisa che qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge.
Le norme in questione - non innovative sul punto rispetto alla previgente disciplina applicabile nell’odierno giudizio - non sempre sono state interpretate univocamente dalla giurisprudenza.
Per un primo orientamento la piena conoscenza del provvedimento amministrativo presuppone la conoscenza del contenuto essenziale dell'atto, non potendo il termine per l' impugnazione decorrere dalla semplice conoscenza del suo contenuto dispositivo sfavorevole, ma occorrendo anche la consapevolezza dei vizi da cui eventualmente l'atto è affetto, raggiunta mediante la valutazione della motivazione (Cons. St., V, 16 settembre 2011 n. 5191).
Per altro orientamento sarebbe preferibile la «…tesi mediana per cui in via di principio, la piena conoscenza dell'atto censurato si concretizza con la cognizione degli elementi essenziali quali l'autorità emanante, l'oggetto, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo, perché tali elementi sono sufficienti a rendere il legittimato all'impugnativa consapevole dell'incidenza dell'atto nella sua sfera giuridica e a dargli la concreta possibilità di rendersi conto della lesività del provvedimento, senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione e degli atti del procedimento, che può rilevare solo ai fini della proposizione dei motivi aggiunti (Cons. Stato, IV, 26 gennaio 2010 n. 292). Detti elementi essenziali devono essere tuttavia tali da consentire all'interessato di poter valutare se l'atto è illegittimo o meno e, in difetto, si deve ritenere che il destinatario abbia una mera facoltà, non un onere, di impugnare subito l'atto per poi proporre i motivi aggiunti, ben potendo attendere di conoscere la motivazione dell'atto per poter, una volta avuta completa conoscenza del contenuto dell'atto, quindi dell'effetto lesivo dello stesso, valutare se impugnarlo o meno (ex multis, Cons. Stato, VI, 8 febbraio 2007 n. 522). Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, la motivazione è obbligatoria, sicché la mera notizia che esiste un provvedimento non può essere equiparata alla piena conoscenza del provvedimento medesimo. Di conseguenza, la piena conoscenza del provvedimento presuppone la conoscenza del contenuto essenziale dell'atto, non potendo il termine per l'impugnazione decorrere dalla semplice conoscenza del suo contenuto dispositivo sfavorevole, ma occorrendo anche la consapevolezza dei vizi da cui eventualmente l'atto è affetto, conseguita attraverso la valutazione della motivazione (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2011, n. 8)…» (Cons. St., VI, 31 marzo 2011 n. 2006).
Per un terzo orientamento – maggiormente consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato – quando il provvedimento amministrativo incide in modo diretto, immediato e concreto sulla posizione giuridica di un soggetto, comprimendogli o disconoscendogli diritti o altre utilità di cui questi è titolare, il termine per chiederne l'annullamento decorre dalla sua conoscenza che, in difetto di formale comunicazione, si concretizza nel momento della piena percezione dei suoi contenuti essenziali (autorità emanante, contenuto del dispositivo ed effetto lesivo), senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione, che è rilevante solo ai fini della successiva proposizione dei motivi aggiunti, nulla innovando, sul punto, l'obbligo di consentire agli interessati l'accesso alla documentazione, al cui ritardato adempimento l'ordinamento soccorre con la possibilità, accordata all'interessato, di proporre motivi aggiunti e, con gli stessi, anche di introdurre l' impugnazione di atti e provvedimenti ulteriori rispetto a quelli originariamente impugnati con il ricorso principale (Cons. St., IV, 2 settembre 2011, n. 4973).
A giudizio della sezione merita condivisione il terzo orientamento perché, senza compromettere le ragioni di tutela dell’interessato (che potranno essere fatte valere con eventuali motivi aggiunti), appare maggiormente rispettoso anche del principio di certezza dei rapporti giuridici.
Venendo la caso di specie non v’è dubbio che l’interessato, in un momento certamente precedente al 21 settembre 1993, data in cui è stata proposta l’istanza di accesso con l’indicazione esatta dell’atto richiesto, ha ricevuto la lettera dell’amministrazione (recante data 10 settembre 1993) con la quale l’USL gli comunicava:«In riferimento al ricorso da Lei presentato a questa USL, 30, avverso il parere del Centro Regionale per l'autorizzazione ad usufruire di cure specialistiche per Sua figlia, presso la Casa di Cura Piacenza di Piacenza, con susseguente parziale rimborso, si comunica che l'Amministratore Straordinario con Atto n. 1444 del 2.9.93, si è pronunciato negativamente sull'accoglimento del ricorso stesso, uniformandosi in tal modo al parere a suo tempo espresso da Centro Regionale di Riferimento» (allegato n. 6 depositato dall’appellante in primo grado).
A giudizio della Sezione – a differenza di quanto sbrigativamente affermato nella sentenza di primo grado – tale comunicazione è certamente idonea a far decorrere il termine per la proposizione del ricorso perché da tale momento non v’è dubbio che in capo all’interessato si è realizzata la piena percezione dei contenuti essenziali dell’atto lesivo (autorità emanante, contenuto del dispositivo ed effetto lesivo), senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione, che, come detto, è importante solo ai fini della successiva proposizione dei motivi aggiunti.
Deve dunque essere accolto il primo motivo di appello e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato irricevibile il ricorso di primo grado.
Sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti costituite le spese e gli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Vincenzo Neri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il 23/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)