Ferrara, 13 maggio 2012 - L’IMPIANTO di videosorveglianza del negozio rischia di costar più caro dei furti subiti, sistematicamente, per anni: «La nostra colpa? Aver posizionato il monitor in posizione ritenuta irregolare, tale da pregiudicare ipoteticamente il rispetto della privacy. Per questo dovremo pagare 12.750 euro». Monica Monterossi e Claudio Forlani, commerciani nella zona del Ghetto, puntano l’indice sullo schermo spento del tv a led: «L’abbiamo installato un anno fa, rivolgendoci a una ditta specializzata e certificata, dopo che dai nostri due negozi ci era stato rubato di tutto: capi d’abbigliamento, borse, la macchina fotografica di una cliente, persino un vaso di camelie».
FURTI a raffica, tra i tanti che giornalmente vengono attuati nella zona di via Mazzini («una delle più bersagliate della città», spiega Monica) e in via Contrari: «Abbiamo installato l’impianto anche su sollecitazione dei nostri dipendenti — proseguono —, convinti che così avremmo posto un freno ai ladruncoli. Ma non facevamo i conti con la burocrazia!». Conti salati. Anzi, salatissimi: all’inizio di aprile nel negozio si è presentato il Nucleo Ispettorato del Lavoro dei Carabinieri, che ha accertato «l’installazione di una telecamera che riprende la zona vendita, ingresso e banco cassa — recita il verbale —; l’installazione del monitor che rende fruibili e accessibili a terzi non autorizzati le immagini riprese, si pone in violazione della disciplina di protezione dei dati personali». Traduzione: lo schermo è puntato verso l’area di vendita, teoricamente qualunque cliente può vedere le immagini. Di qui, ai sensi degli art.33 e 169 del decreto legge 196/2003, la presunta violazione della privacy che comporta «l’arresto sino a due anni o l’ammenda da 10mila a 50mila euro», recita drasticamente la legge. Forlani, ex presidente del Comitato commercianti del centro storico, guarda sconsolato la moglie Monica: «Abbiamo immediatamente spento il monitor, ma il nostro morale è ancora più spento — affermano —; rispettiamo la legge, però si tratta di un accanimento pazzesco. Non siamo stati noi ad installare l’impianto di videosorveglianza, ma una ditta certificata che ci ha garantito di aver fatto tutto a norma: proveremo a rivalerci ma la vediamo dura. Intanto dovremo pagare noi la multa che in forma breve è fissata in quasi 13mila euro. Potremmo ricorrere all’Autorità Garante della Privacy, perchè fra l’altro le immagini non erano visibili dalla strada, ma, facendo passare altro tempo, scatterebbe la sanzione massima».
APPUNTO l’arresto fino a due anni o la maxi multa di 50mila euro: «Credo che neppure i ladri che hanno bersagliato il nostro negozio e quelli circostanti — sbuffa Forlani — rischiano conseguenze così pesanti». Al di là della durezza della sanzione, c’è la botta per il morale: «Ormai fatichiamo terribilmente per andare avanti — dice Monica Monterossi —, proviamo a resistere alla crisi ed al calo dei consumi, e garantiamo stipendi ai dipendenti. Ma ogni giorno ce n’è una!». Prima della ‘stangata’, ne era arrivata anche un’altra più leggera: «Sempre per questo monitor maledetto — affermano i due commercianti —; un’altra ispezione, di un altro ente, ci ha contestato che le telecamere pur non essendo installate sulla cassa, inquadravano il posto di lavoro ossia l’intero ambiente del negozio in cui si muove il personale. Risultato, altre multe da 380 euro...». Tanto vale allora, concludono sconsolati marito e moglie, «smantellare tutto: non solo telecamere e monitor ma anche l’attività. Però non ci si meravigli — salutano — se i commercianti e gli imprenditori si fanno prendere dalla disperazione. Siamo bersagliati più noi che i ladri che ci rubano la merce».
FURTI a raffica, tra i tanti che giornalmente vengono attuati nella zona di via Mazzini («una delle più bersagliate della città», spiega Monica) e in via Contrari: «Abbiamo installato l’impianto anche su sollecitazione dei nostri dipendenti — proseguono —, convinti che così avremmo posto un freno ai ladruncoli. Ma non facevamo i conti con la burocrazia!». Conti salati. Anzi, salatissimi: all’inizio di aprile nel negozio si è presentato il Nucleo Ispettorato del Lavoro dei Carabinieri, che ha accertato «l’installazione di una telecamera che riprende la zona vendita, ingresso e banco cassa — recita il verbale —; l’installazione del monitor che rende fruibili e accessibili a terzi non autorizzati le immagini riprese, si pone in violazione della disciplina di protezione dei dati personali». Traduzione: lo schermo è puntato verso l’area di vendita, teoricamente qualunque cliente può vedere le immagini. Di qui, ai sensi degli art.33 e 169 del decreto legge 196/2003, la presunta violazione della privacy che comporta «l’arresto sino a due anni o l’ammenda da 10mila a 50mila euro», recita drasticamente la legge. Forlani, ex presidente del Comitato commercianti del centro storico, guarda sconsolato la moglie Monica: «Abbiamo immediatamente spento il monitor, ma il nostro morale è ancora più spento — affermano —; rispettiamo la legge, però si tratta di un accanimento pazzesco. Non siamo stati noi ad installare l’impianto di videosorveglianza, ma una ditta certificata che ci ha garantito di aver fatto tutto a norma: proveremo a rivalerci ma la vediamo dura. Intanto dovremo pagare noi la multa che in forma breve è fissata in quasi 13mila euro. Potremmo ricorrere all’Autorità Garante della Privacy, perchè fra l’altro le immagini non erano visibili dalla strada, ma, facendo passare altro tempo, scatterebbe la sanzione massima».
APPUNTO l’arresto fino a due anni o la maxi multa di 50mila euro: «Credo che neppure i ladri che hanno bersagliato il nostro negozio e quelli circostanti — sbuffa Forlani — rischiano conseguenze così pesanti». Al di là della durezza della sanzione, c’è la botta per il morale: «Ormai fatichiamo terribilmente per andare avanti — dice Monica Monterossi —, proviamo a resistere alla crisi ed al calo dei consumi, e garantiamo stipendi ai dipendenti. Ma ogni giorno ce n’è una!». Prima della ‘stangata’, ne era arrivata anche un’altra più leggera: «Sempre per questo monitor maledetto — affermano i due commercianti —; un’altra ispezione, di un altro ente, ci ha contestato che le telecamere pur non essendo installate sulla cassa, inquadravano il posto di lavoro ossia l’intero ambiente del negozio in cui si muove il personale. Risultato, altre multe da 380 euro...». Tanto vale allora, concludono sconsolati marito e moglie, «smantellare tutto: non solo telecamere e monitor ma anche l’attività. Però non ci si meravigli — salutano — se i commercianti e gli imprenditori si fanno prendere dalla disperazione. Siamo bersagliati più noi che i ladri che ci rubano la merce».