martedì 13 marzo 2012

Regione Piemonte:circolare sugli orari del commercio

Il presidente della Regione, Roberto Cota, ha emanato il 7 marzo una circolare, inviata a tutti i Comuni e alle Province, che chiarisce la nuova normativa statale (il decreto legge n. 201/2011 convertito in legge n. 214/2011) sugli orari delle attività commerciali, distinguendo tra esercizi commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande.

“Abbiamo voluto essere di supporto agli amministratori locali - precisato Cota - anche attraverso una circolare che chiarisca le novità introdotte, in particolare sulla questione degli orari di apertura. Un atto necessario per far fronte alle interpretazioni errate a proposito della normativa del Governo in materia di liberalizzazioni, che va ad interessare anche il settore del commercio. Rimaniamo intanto in attesa di una risposta da parte della Corte Costituzionale, alla quale la Regione ha proposto ricorso ritenendo che la legge dello Stato sia costituzionalmente illegittima, in quanto il commercio è materia di competenza delle Regioni”.
L’assessore regionale al Commercio, William Casoni, ha poi convocato l’8 marzo il primo tavolo di concertazione, al quale hanno partecipato i rappresentanti di Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Anci e delle organizzazioni sindacali, per affrontare il tema delle liberalizzazioni delle attività economiche. “E’ stato ricordato alle parti sociali e agli enti locali - ha ricordato Casoni - che le liberalizzazioni introdotte dalla normativa statale non eliminano le disposizioni di quella regionale. Pertanto la media e grande distribuzione di vendita, il commercio di somministrazione di alimenti e bevande e l’esercizio del commercio ambulante rimangano soggetti ad autorizzazione”.
Fonte: http://www.regione.piemonte.it/notizie/piemonteinforma/diario/una-circolare-sugli-orari-del-commercio.html


Circolare n.3036/DB0500  del 07 Marzo 2012
Oggetto: ORARI DELLE ATTIVITA’ COMMERCIALI - NOVITA’ NORMATIVE
Il recente decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, entrato in vigore il 6 dicembre 2011 e convertito
senza modificazioni, nella legge 23 dicembre 2011, n. 214, è intervenuto nella materia degli orari
degli esercizi commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande con la disposizione dell’art.
31 c. 1, che ha modificato l’art. 3 comma 1, lettera d-bis del decreto legge 223/2006 (convertito con
l. 248/2006) nel modo seguente:
“ai sensi delle disposizioni dell’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e
libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo
condizioni di pari opportunità ed il corretto funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai
consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto dei
prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettere e) ed m)
della Costituzione, le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998
n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e
prescrizioni:….il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura
domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale
dell’esercizio”.
La nuova norma consente ora a tutte le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e
bevande ovunque ubicate di determinare liberamente gli orari di apertura e chiusura senza più
vincoli di chiusura festiva ed infrasettimanale né limiti giornalieri di apertura, superando le riserve
di liberalizzazione ai soli comuni turistici nonché quelle relative ad una fase sperimentale, contenute
nelle precedenti norme nazionali.
Per espresso disposto del novellato articolo 3 del d.l. 223/2006, le accennate disposizioni sono
adottate in materia di concorrenza e di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su
tutto il territorio nazionale, sancendo così la prevalenza della legge statale sulle previgenti
legislazioni regionali.
Inoltre la nuova norma, introdotta senza la previsione di un termine dilatorio per l’adeguamento
degli ordinamenti regionali e comunali, a differenza di quanto aveva disposto lo scorso mese di
luglio il decreto legge 98/2011, come convertito dalla legge 111/2011, che aveva fissato, quale
termine per l’adeguamento, il 1 gennaio 2012, è da ritenersi sufficientemente prescrittiva e tale da
non richiedere alcun intervento di adeguamento.
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Da quanto evidenziato consegue pertanto che giuridicamente le disposizioni di liberalizzazione
introdotte dalla recente manovra “Salva Italia” sono da considerare di immediata applicazione in
virtù:
• della loro natura prescrittiva;
• della loro prevalenza ai sensi dell’art. 117, comma 2 della Costituzione, trattandosi di norme
che incidono sulla concorrenza e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni;
• della mancata previsione di un termine dilatorio per l’adeguamento.
Quanto alla definitività delle disposizioni di cui trattasi, in vigore, come già precisato, dal 6
dicembre 2011, occorre rilevare che le stesse sono state convertite senza modificazioni nella legge
23 dicembre 2011, n. 214.
Posto che la Regione Piemonte ha proposto ricorso alla Corte costituzionale “per la
dichiarazione di illegittimità costituzionale, previa sospensione, dell’art. 31 del D.L. 201/2011 per
violazione dell’art. 117, IV comma, della Cost., anche in relazione al primo e al secondo comma
lett. . e) anche sotto il profilo di violazione del principio di leale collaborazione.”, in attesa della
pronuncia del giudice costituzionale, occorre distinguere fra:
1. esercizi commerciali
2. esercizi di somministrazione di alimenti e bevande
1. La materia degli orari delle attività commerciali era regolata dalle disposizioni del Titolo IV
del d.lgs. 114/1998 -artt. 11, 12 e 13- e dagli articoli 8 e 9 della legge regionale 28/1999.
In attuazione delle predette norme, la DCR n. 412-5585 del 16 febbraio 2005 stabiliva, dal canto
suo, i criteri per l’individuazione delle località turistiche nelle quali, con esclusivo riferimento ad
esse, era consentito, ai sensi del citato art. 12 del d.lgs. 114/1998, un regime differenziato di
apertura al pubblico.
Per effetto delle intervenute modifiche, che hanno implicitamente abrogato le norme del titolo IV
del d.lgs. 114/1998, le richiamate disposizioni regionali sono da ritenersi superate, in quanto
incompatibili con il nuovo assetto normativo e pertanto inapplicabili.
2. Gli orari delle attività di somministrazione sono invece regolati dall’art. 17 della legge
regionale 38/2006 “Disciplina dell'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e
bevande”, che, già prevedendo un regime di accentuato allentamento dei vincoli all’apertura delle
attività, non si pone, salvo che per marginali dettagli, in contrasto con le sopravvenute norme statali.
Si richiama, del citato articolo 17, la possibilità per l’esercente di determinare liberamente il proprio
orario di esercizio, nel rispetto dei limiti che gli enti locali possono stabilire esclusivamente per
ragioni di salvaguardia dell'interesse pubblico, con particolare riferimento alla sicurezza pubblica.
Ciò premesso, occorre evidenziare che gli interventi normativi succedutisi negli ultimi anni nella
materia della concorrenza e della conseguente liberalizzazione delle attività economiche, a partire
dalla direttiva servizi 2006/123/CE, meglio nota come direttiva Bolkestein e dal d.lgs. 59/2010,
fino, da ultimo, ai DD.LL.: 138/2011, 201/2011, 1/2012, se da un lato enunciano a chiare lettere ed
in modo ricorrente il principio di massima tutela della libertà di impresa e di iniziativa economica
privata, e quindi, la massima libertà di attivazione e di esercizio delle attività economiche, ivi
compresi gli esercizi commerciali, gli stessi consentono, parallelamente, la possibilità di porre
vincoli all’apertura indiscriminata, limitatamente ai casi in cui ciò sia richiesto da motivi imperativi
di interesse generale e nel rigoroso rispetto dei principi di necessità, proporzionalità e non
discriminazione.
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La stessa Costituzione della Repubblica nel sancire, all’art. 41, la libertà di iniziativa economica
privata, prevede peraltro che la stessa non possa svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza,
alla libertà, alla dignità umana.
L’accennato quadro normativo, pur nel silenzio dell’art. 31, c. 1 del d.l. 201/2011 (riferito
specificatamente agli orari), che si limita a rimuovere i vincoli preesistenti, senza nulla aggiungere
circa la possibilità di indicare limitazioni di sorta, porta a ritenere che, anzitutto per ragioni di
coerenza logico sistematica, oltre che per evidenti considerazioni fattuali, che le mitigazioni al
principio di libertà di esercizio dell’attività commerciale, non possano non essere riferibili anche
agli aspetti relativi agli orari di esercizio delle medesime attività.
Ciò vale, in particolare, per i limiti enunciati al comma 2 dello stesso articolo 31 per il quale il
principio cardine è “la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio” senza limiti
eccetto quelli connessi a:
• tutela della salute
• tutela dei lavoratori
• tutela dell’ambiente ivi incluso l’ambiente urbano
• tutela dei beni culturali
Oltre alle predette possibili limitazioni, altre recenti disposizioni richiamano le stesse ed ulteriori
esigenze imperative di interesse generale.
Si evidenziano, in particolare:
• il comma 2 dell’art. 34 dello stesso D. L. 201/2011 – e nello stesso senso anche il comma
4- per il quale “La disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà
di accesso, di organizzazione e di svolgimento fatte salve le esigenze imperative di interesse
generale costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario nel
rispetto del principio di proporzionalità”;
• l’art. 1, c. 1 lett a) del d. l. 1/2012 per il quale “sono vietati i vincoli per l’avvio di
un’attività economica non giustificati da un interesse generale :
• costituzionalmente rilevante
• compatibile con l’ordinamento comunitario
• nel rispetto del principio di proporzionalità
• il c. 2 dello stesso articolo per il quale “le disposizioni recanti vincoli all’accesso e
all’esercizio delle attività economiche sono interpretate in senso tassativo, restrittivo e
proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale”, alla stregua dei
principi costituzionali di libera iniziativa economica, di piena concorrenza e pari
opportunità fra i soggetti presenti e futuri.
Sono ammessi solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni a:
• salute
• sicurezza
• libertà
• dignità umana
• contrasto con l’utilità sociale
• contrasto con l’ordine pubblico
• contrasto con il sistema tributario
• contrasto con gli obblighi comunitari
• contrasto con gli obblighi internazionali “
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A fronte del quadro di riferimento sommariamente descritto è pertanto da ritenere consentito
ai comuni di introdurre limitazioni all’apertura delle attività commerciali, a condizione che la
limitazione sia assunta solo se conforme ai principi di necessità, proporzionalità, e non
discriminazione, e solo a fronte di un motivo imperativo di interesse generale ascrivibile alla
salvaguardia, in particolare:
• della salute
• dei lavoratori
• dell’ambiente ivi incluso l’ambiente urbano
• dei beni culturali
• della sicurezza
Stante quanto sopra e richiamati i principi delle norme costituzionali, comunitarie e nazionali
vigenti, le limitazioni che i comuni potranno assumere, dovranno opportunamente essere
individuate con specifico riferimento alle peculiarità di singole porzioni di territorio, per ambiti e
tempi definiti.
A tal fine è da ritenere opportuno che i comuni provvedano ad una preliminare azione di
monitoraggio delle realtà territoriali e di confronto con le parti economico sociali coinvolte, oltre
che, per ambiti di criticità di livello ultracomunale, con gli altri comuni interessati.
Solo dopo un’attenta analisi delle singole realtà locali, le eventuali misure di compressione della
libertà di orario degli esercizi potranno rispondere ai principi di necessità, proporzionalità e non
discriminazione, in relazione agli interessi pubblici “forti” da tutelare.
Sono in particolare fatti salvi gli speciali poteri delle autorità locali in materia di sicurezza urbana,
che possono esplicitarsi, in caso ricorrano i presupposti, anche nell’adozione di provvedimenti
limitativi dell’orario di esercizio delle attività commerciali, artigianali e di somministrazione, così
come espressamente previsto da alcune norme speciali, quali:
- l’art. 9 del TULPS (R.D. 18/06/1931, n. 773), che consente di imporre speciali prescrizioni e
limitazioni alle attività soggette ad autorizzazioni di polizia amministrativa locale, quali gli
esercizi di somministrazione alimenti e bevande in relazione all’art. 152 del Reg. TULPS
(R.D. 06/05/1940, n. 635);
- l’art. 54, comma 4, D.Lgs. 18/08/2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, ove si dispone che il sindaco, quale ufficiale del Governo,
adotta con atto motivato e previa comunicazione al prefetto, provvedimenti contingibili e
urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare
gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana;
- l’art. 9 della legge 26/10/1995 n. 447, recante la legge quadro sull'inquinamento acustico,
ove si stabilisce che - qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della
salute pubblica o dell'ambiente - il sindaco, con provvedimento motivato, può ordinare il
ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni
sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività.
Sono fatte salve le norme di tutela civilistica rispetto alle immissioni di rumori che non debbono
superare la normale tollerabilità (art. 844 c.c.) e quelle di rilievo penale (art. 659 c.p.) a tutela del
riposo e delle occupazioni delle persone.
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Le stesse considerazioni valgono evidentemente per il commercio su area pubblica che, rispetto
ad altre forme di commercio, presenta risvolti particolari di tutela di esigenze imperative di
interesse generale, tanto più evidenti a mano a mano che si passa da forme più semplificate di
esercizio dell’attività, quali il commercio in forma itinerante, fino alle forme più strutturate del
mercato rionale.
I comuni, dopo aver assunto le proprie determinazioni sulla base di quanto sopra detto,
provvederanno a dare massima pubblicità delle limitazioni di orario, per una corretta e capillare
informazione al consumatore.
Proprio per garantire una completa informazione al consumatore, oltre che per poter disporre dei
dati di monitoraggio in vista degli eventuali specifici interventi di limitazione più volte richiamati,
si ritiene infine che permanga la possibilità per i comuni di prevedere:
1. l’obbligo di apposita comunicazione al comune da parte degli esercenti, circa l’orario in
concreto effettuato,
2. l’obbligo di affissione di apposito cartello all’esterno dell’esercizio, avente analogo
contenuto.
Per le motivazioni sopra ampiamente descritte, è da ritenere che tali obblighi ben possano
essere stabiliti nell’ordinanza comunale con la quale si va a disciplinare a livello locale la
questione orari, in relazione agli interventi che il comune intenda effettuare per ragioni di
pubblico interesse.
Inserito nell’ordinanza l’obbligo di esporre il cartello dell’orario all’ingresso dell’esercizio, le
eventuali violazioni potranno essere sanzionate ai sensi dell’art. 7-bis, comma 1-bis, del D.Lgs. 18
agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali” che prevede una
sanzione da 25 a 500 euro ( doppio del minimo = 50 Euro da pagare entro 60 giorni ). 1
Nel ribadire che le scelte comunali per l’individuazione di disposizioni di limitazione necessitano
sempre di rigorosa motivazione in merito all’interesse pubblico perseguito, si precisa che non
possono mai costituire motivo imperativo di interesse generale ragioni di tipo economico fondate
sulla presunta relazione fra domanda e offerta o sulla saturazione della rete per eccesso di offerta,
né sulla troppo bassa redditività degli esercizi esistenti.
Si segnala infine il permanere della disposizione di cui dell’art. 50, c. 7 del D.Lgs. 18/08/2000, n.
267, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali che recita: “ Il sindaco,
altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e
nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali,
dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente
competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici
localizzati sul territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con esigenze complessive
1 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 - Art. 7-bis. Sanzioni amministrative.
1. Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la
sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro.
1-bis. La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal
presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari .
2. L'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre
1981, n. 689 .
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e generali degli utenti”. Tale norma sancisce in via generale il potere sindacale di coordinare gli
orari di tutte le attività economiche e di servizio, e degli uffici pubblici, per una migliore
soddisfazione dell’utenza.
Roberto Cota
Visto:
L’Assessore
William Casoni