IL QUESITO - Un lettore piemontese di “Via
libera” è stato sanzionato su di una strada che porta alla zona
industriale di un piccolo comune del Torinese e si è rivolto al Giudice
di pace per fare annullare l’atto di accertamento. L’arteria figura tra
quelle individuate – con decreto – dall’Autorità prefettizia come
“pericolosa”; in sostanza, una di quelle dove non vige l’obbligo di
intimare l’alt al trasgressore. Però la Polizia locale operante aveva
collocato il segnale, che indicava il controllo, a soli venti metri dal
proprio autoveicolo di servizio. Per di più si trattava di un cartello
anòmalo consistente in un pezzo di plastica azzurro, tipologicamente
identico a quelli che si installano nei condominii quando si lavano i
pavimenti.
LA RISPOSTA - C’è stato un tempo in cui i cartelli preavvisanti un controllo della velocità hanno ingannato tantissimi utenti della strada. Venivano installati sul lato destro della carreggiata di marcia sin dagli Anni ’80; e, da allora, sono ancora in molti a prendere per buoni assunti poco veri sulla corretta modalità dei controlli.
Prima. In realtà, all’epoca quei segnali non erano richiesti da alcuna norma, mentre – solo dall’ottobre del 2002 - era diventato obbligatorio informare (ma non necessariamente con la segnaletica) che si stava percorrendo un tratto di strada su cui potevano essere predisposti controlli senza l’immediata contestazione delle infrazioni. Successivamente, la legge n. 160 del 2007 ha previsto che le postazioni per rilevare la velocità devono essere preventivamente segnalate e che debbono essere sempre ben visibili. Il decreto interministeriale Trasporti-Interno del 15 agosto 2007 ha stabilito che l’avviso può essere effettuato con cartelli di indicazione, temporanei o permanenti, oppure con dispositivi di segnalazione luminosi istallati sui veicoli in servizio di polizia stradale.
Più tardi, il "parere" del Ministero dei trasporti n. 972663 del 7 agosto 2008 ha osservato che “l’adozione di segnaletica permanente anche per postazioni di controllo temporanee (potrebbe risultare) non coerente con la tipologia utilizzata, e con l’esigenza di credibilità a cui la segnaletica deve in genere rispondere”. E chiariva che “nel caso in argomento, appaiono più indicati i dispositivi di segnalazione luminosi". Ma non è finita, perché occorre ricordare come una "direttiva" ministeriale del 24 ottobre 2000 aveva stigmatizzato l’impiego superfluo di segnali su qualsiasi tipo di strada, laddove la corretta tecnica di istallazione avrebbe richiesto esclusivamente la posa in opera del cartello del tipo richiesto dalla situazione che si intendeva comunicare. Naturalmente, direttive e pareri ministeriali non costituiscono fonti del diritto (art. 1 delle pre-leggi); perciò - alla loro osservanza - risultano tenuti solo i dipendenti del Ministero oppure chi ha chiesto il parere vincolante, ma non anche gli altri dipendenti, funzionari, magistrati e cittadini.
Dopo. Tutto ciò posto, oggi è possibile riferire che le Forze di polizia devono segnalare con un cartello luminoso l’uso dei misuratori di velocità almeno 1000 metri prima della postazione. Ma già il d.l. n. 117 del 2007, convertito nella legge n. 160 del 3 ottobre 2007, parlava di 400 m:"Le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi". E’ evidente, quindi, che tale norma anche ai fini della sicurezza stradale nel tratto dove viene effettuato il controllo, prescrive che tali sanzioni potranno essere applicate solo utilizzando “postazioni di controllo preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi”. D’altronde, la nuova norma è una conferma che tali apparecchi non debbono rivelarsi dei pericolosi trabocchetti, nocivi per la circolazione stradale, mentre debbono svolgere correttamente la propria funzione che è in primo luogo di prevenire, mai soltanto sanzionatoria.
Anche la sentenza della Sezione II della Cassazione civile n. 24526 del 17 novembre 2006 ha posto fine ad un dubbio interpretativo sorto sull’applicazione dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 121 del 2002 (convertito con modificazioni dalla legge n. 168 del 2002). Questa dispone che, sulle "autostrade e sulle strade extraurbane principali (di cui al dlgs 30 aprile 1992, n. 285, art. 2, comma 2, lett. A e B) gli organi di Polizia stradale di cui all’art. 12, comma 1, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui all’art. 142 ed all’art. 148 Cds. I predetti dispositivi, o mezzi tecnici di controllo, possono essere altresì utilizzati o installati sulle strade di cui all’art. 2 del citato decreto legislativo, comma 2, lettere C e D, ovvero su singoli tratti di esse, individuati con apposito decreto del Prefetto, ai sensi del comma 2.
Molti Giudici di pace applicavano la norma come risultante da una mera interpretazione letterale, escludendo per ciò stesso l’obbligo di informazione circa l’impiego di strumenti elettronici di rilevamento della velocità, sulle strade diverse dalle autostrade e dalle extraurbane principali. Orbene tale disparità di trattamento non trovava sinceramente ristoro nel principio di ragionevolezza a cui tutte le norme di legge devono sottostare, né tanto meno trovava fondamento nella ratio della norma stessa, vale a dire sotto il profilo della prevenzione delle infrazioni e non della repressione a fini patrimoniali degli illeciti amministrativi.
Pertanto, accogliendo in pieno l’interpretazione fornita dalla Corte, su tutte le diverse tipologie di strade vige l’obbligo di segnalazione del controllo elettronico della velocità, assolvibile da parte degli agenti di Polizia municipale, ovvero dalle Forze dell’ordine in genere, mediante l’impiego di appositi cartelli verticali installati in prossimità delle zone (1.000 m) dove viene effettuato il rilevamento elettronico della velocità. In caso contrario il verbale di contestazione deve considerarsi illegittimo e quindi annullabile.
CONCLUSIONI. Per quanto concerne il pagamento dell’importo della sanzione, l’assolvimento in questione rimane previsto una volta che il Gdp abbia pronunciato la sentenza. Naturalmente, il lettore ricorrente avrebbe – opportunamente – dovuto chiedere all’Ufficio di sospendere i termini.
LA RISPOSTA - C’è stato un tempo in cui i cartelli preavvisanti un controllo della velocità hanno ingannato tantissimi utenti della strada. Venivano installati sul lato destro della carreggiata di marcia sin dagli Anni ’80; e, da allora, sono ancora in molti a prendere per buoni assunti poco veri sulla corretta modalità dei controlli.
Prima. In realtà, all’epoca quei segnali non erano richiesti da alcuna norma, mentre – solo dall’ottobre del 2002 - era diventato obbligatorio informare (ma non necessariamente con la segnaletica) che si stava percorrendo un tratto di strada su cui potevano essere predisposti controlli senza l’immediata contestazione delle infrazioni. Successivamente, la legge n. 160 del 2007 ha previsto che le postazioni per rilevare la velocità devono essere preventivamente segnalate e che debbono essere sempre ben visibili. Il decreto interministeriale Trasporti-Interno del 15 agosto 2007 ha stabilito che l’avviso può essere effettuato con cartelli di indicazione, temporanei o permanenti, oppure con dispositivi di segnalazione luminosi istallati sui veicoli in servizio di polizia stradale.
Più tardi, il "parere" del Ministero dei trasporti n. 972663 del 7 agosto 2008 ha osservato che “l’adozione di segnaletica permanente anche per postazioni di controllo temporanee (potrebbe risultare) non coerente con la tipologia utilizzata, e con l’esigenza di credibilità a cui la segnaletica deve in genere rispondere”. E chiariva che “nel caso in argomento, appaiono più indicati i dispositivi di segnalazione luminosi". Ma non è finita, perché occorre ricordare come una "direttiva" ministeriale del 24 ottobre 2000 aveva stigmatizzato l’impiego superfluo di segnali su qualsiasi tipo di strada, laddove la corretta tecnica di istallazione avrebbe richiesto esclusivamente la posa in opera del cartello del tipo richiesto dalla situazione che si intendeva comunicare. Naturalmente, direttive e pareri ministeriali non costituiscono fonti del diritto (art. 1 delle pre-leggi); perciò - alla loro osservanza - risultano tenuti solo i dipendenti del Ministero oppure chi ha chiesto il parere vincolante, ma non anche gli altri dipendenti, funzionari, magistrati e cittadini.
Dopo. Tutto ciò posto, oggi è possibile riferire che le Forze di polizia devono segnalare con un cartello luminoso l’uso dei misuratori di velocità almeno 1000 metri prima della postazione. Ma già il d.l. n. 117 del 2007, convertito nella legge n. 160 del 3 ottobre 2007, parlava di 400 m:"Le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi". E’ evidente, quindi, che tale norma anche ai fini della sicurezza stradale nel tratto dove viene effettuato il controllo, prescrive che tali sanzioni potranno essere applicate solo utilizzando “postazioni di controllo preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi”. D’altronde, la nuova norma è una conferma che tali apparecchi non debbono rivelarsi dei pericolosi trabocchetti, nocivi per la circolazione stradale, mentre debbono svolgere correttamente la propria funzione che è in primo luogo di prevenire, mai soltanto sanzionatoria.
Anche la sentenza della Sezione II della Cassazione civile n. 24526 del 17 novembre 2006 ha posto fine ad un dubbio interpretativo sorto sull’applicazione dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 121 del 2002 (convertito con modificazioni dalla legge n. 168 del 2002). Questa dispone che, sulle "autostrade e sulle strade extraurbane principali (di cui al dlgs 30 aprile 1992, n. 285, art. 2, comma 2, lett. A e B) gli organi di Polizia stradale di cui all’art. 12, comma 1, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui all’art. 142 ed all’art. 148 Cds. I predetti dispositivi, o mezzi tecnici di controllo, possono essere altresì utilizzati o installati sulle strade di cui all’art. 2 del citato decreto legislativo, comma 2, lettere C e D, ovvero su singoli tratti di esse, individuati con apposito decreto del Prefetto, ai sensi del comma 2.
Molti Giudici di pace applicavano la norma come risultante da una mera interpretazione letterale, escludendo per ciò stesso l’obbligo di informazione circa l’impiego di strumenti elettronici di rilevamento della velocità, sulle strade diverse dalle autostrade e dalle extraurbane principali. Orbene tale disparità di trattamento non trovava sinceramente ristoro nel principio di ragionevolezza a cui tutte le norme di legge devono sottostare, né tanto meno trovava fondamento nella ratio della norma stessa, vale a dire sotto il profilo della prevenzione delle infrazioni e non della repressione a fini patrimoniali degli illeciti amministrativi.
Pertanto, accogliendo in pieno l’interpretazione fornita dalla Corte, su tutte le diverse tipologie di strade vige l’obbligo di segnalazione del controllo elettronico della velocità, assolvibile da parte degli agenti di Polizia municipale, ovvero dalle Forze dell’ordine in genere, mediante l’impiego di appositi cartelli verticali installati in prossimità delle zone (1.000 m) dove viene effettuato il rilevamento elettronico della velocità. In caso contrario il verbale di contestazione deve considerarsi illegittimo e quindi annullabile.
CONCLUSIONI. Per quanto concerne il pagamento dell’importo della sanzione, l’assolvimento in questione rimane previsto una volta che il Gdp abbia pronunciato la sentenza. Naturalmente, il lettore ricorrente avrebbe – opportunamente – dovuto chiedere all’Ufficio di sospendere i termini.
(Pubblicato il
26/03/2012)
di Claudio De Luca
Fonte: http://www.primonumero.it