Ogni anno dovrebbero riservare il 50% degli introiti alla sicurezza stradale. E invece...
Tre miliardi di euro. A tanto ammonta la somma ricavata
con le multe per trasgressioni al Codice della Strada dalle
amministrazioni delle 15 città metropolitane italiane negli ultimo
cinque anni. Dieci volte la somma spesa nello stesso periodo dallo Stato
per il Piano Nazionale per la sicurezza stradale. I due dati,
sorprendenti, emergono da una ricerca della Fondazione Luigi Guccione e
dell’Istituto internazionale per il consumo e l’ambiente.
Il “tesoro” delle multe porta ogni anno complessivamente nelle casse statali circa 2 miliardi di euro,
provenienti in larga parte dalle polizie locali (circa 1,6 miliardi di
euro) e da quelle nazionali, Polstrada e Carabinieri (circa 400 milioni
di euro). Venti miliardi, dunque, nel decennio 2001-2010.
«Perché la sicurezza stradale non migliora come dovrebbe
– l’Italia è all’undicesimo posto nell’Europa a 15 per diminuzione di
morti e feriti nella “classifica” del decennio appena chiuso –
nonostante il reimpiego di somme così significative?», si chiedono
dunque gli autori della ricerca. Dai dati forniti dai 15 Comuni emerge
inoltre un utilizzo delle risorse finanziarie non omogeneo rispetto a
quanto indicato dallo stesso codice della strada ( che vincola il 50%
degli introiti).
Il codice prevede infatti che almeno 12,50% sia
destinato al miglioramento segnaletica; almeno un altro 12,50% per i
controlli della polizia locale e il restante 25% alla manutenzione delle
strade, sicurezza utenti deboli, educazione stradale. Se si prendono in
considerazione però i dati sugli impieghi per la segnaletica risulta
però che, ad esempio, la percentuale complessiva spesa nell’ultimo
quinquennio nelle 15 città esaminate è del 7,3%.
Lo studio mette in rilievo inoltre «come nessuna relazione-rendicontazione viene fatta dai Comuni
e nemmeno dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
sull’entità e sulla spesa di tali somme nonostante ci siano dei precisi
obblighi di legge (Legge 120/2010)». Un vuoto che non riesce a colmare
neanche la magistratura contabile. «Nemmeno la Corte dei Conti sembra
interessata alla materia», chiosa la Fondazione.
Fonte: http://www.vita.it